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INVESTIMENTO IN R&S E BREVETTI. PICCOLI PASSI AVANTI PDF Stampa E-mail

Stando all'ultimo Rapporto Bes 2015, la spesa totale in ricerca e sviluppo ammontava nel 2013 a circa 21 miliardi di euro (+1,1% rispetto all'anno precedente), tuttavia l'investimento in R&S è ancora lontano dal target nazionale dell'1,5% di Europa 2020, con un gap di 0,7 punti percentuali rispetto alla media Ue, pari al 2%. In aumento anche la spesa privata in R&S (12,1 miliardi, +3,4%) che sale dal 57,1 al 57,7% sul totale, ma solo un quarto delle imprese investe nei nuovi prodotti, soprattutto tra le industrie di grandi dimensioni.
Un'altra nota dolente è quella dei brevetti, un chiaro indicatore di capacità innovativa. I dati forniti dall'European Patent Office, l'organismo europeo che registra e tutela i brevetti a livello nazionale, dicono che lo scorso anno gli italiani hanno presentato 3.979 richieste di brevetto, con un aumento di 330 rispetto al 2014 (+9%). Un balzo che ci consente di superare la Svezia e di agganciare l'ultimo posto della top ten mondiale, che vede in testa con 42.692 brevetti applicati gli USA, seguiti da Germania, Giappone, Francia, Paesi Bassi, Svizzera, Corea del Sud, Cina e Regno Unito. In pratica l'Italia è al sesto posto europeo, ma se si considera il rapporto brevetti/popolazione risultiamo molto indietro in classifica. Tra le nazioni della nostra dimensione, la Germania vanta 3,02 brevetti registrati ogni 10mila abitanti, la Francia 1,73, il Regno Unito 0,82 e l'Italia 0,65. In pratica superiamo soltanto la Spagna con 0,33.
Ma perché fatichiamo a brevettare, nonostante un'indiscussa genialità e considerando che l'Epo tiene conto della nazionalità dell'inventore, a prescindere dal Paese in cui il brevetto è stato registrato? Pur esistendo il cosiddetto “privilegio accademico” (che attribuisce al ricercatore universitario la facoltà esclusiva di realizzare l'invenzione e di trarne i relativi profitti), il ricercatore deve vedersela con una burocrazia ostile e con costi proibitivi. Oltretutto le università hanno spesso regolamenti differenti in materia e questo scoraggia le imprese a mettere in campo progetti di collaborazione con gli atenei. Nonostante questo, ci sono tre macro settori nei quali l'attività innovativa e commerciale italiana è all'avanguardia: chimica, elettronica e meccanica. In quest'ultimo poi l'Italia è al top (e in controtendenza) anche per quanto riguarda i brevetti.
(Fonte: M. Rondini, Avvenire 11-10-16)