Home 2016 20 ottobre FINANZIAMENTI VERSO UN’UNIVERSITÀ FINANZIATA PUBBLICAMENTE, MA GESTITA COME UN’ISTITUZIONE DI DIRITTO PRIVATO?
VERSO UN’UNIVERSITÀ FINANZIATA PUBBLICAMENTE, MA GESTITA COME UN’ISTITUZIONE DI DIRITTO PRIVATO? PDF Stampa E-mail

Recenti dichiarazioni del ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda annunciano che il governo finanzierà solo 4 o 5 università d’eccellenza e che non rispetterà più il criterio geografico: «Dobbiamo scegliere 4 o 5 università d’eccellenza sulla manifattura innovativa, dare loro i soldi, metterle nelle condizioni di collaborare con le aziende. Le università che vogliono entrare in questo gruppo, scalino il ranking». Anche il nuovo presidente del CNR Massimo Inguscio incalza: bisogna liberare la ricerca dai vincoli della pubblica amministrazione, alleggerire gli enti di ricerca dai troppi “lacci e lacciuoli”, dai tanti vincoli e dalla burocrazia che derivano dal fatto di rientrare nel perimetro della pubblica amministrazione (intervista a Il Sole24Ore del 6 aprile 2016). F. Coniglione (Roars 05-09-16) trova in queste dichiarazioni una politica che non vede l’ora di mettere le mani sull’università senza i “lacciuoli” del diritto amministrativo. La conseguenza che sarebbe l’ovvio corollario di queste premesse potrebbe includere la soppressione della cosiddetta “tenure”, cioè il posto fisso per i docenti universitari, a favore di contratti a tempo determinato di volta in volta rinnovabili: la fine della sicurezza del posto in favore del “libero mercato” verrebbe così a far cadere il presupposto indispensabile del libero pensiero e dell’autonomia.
L’università, conclude Coniglione, è stata sinora un centro di residua resistenza democratica alle sempre più accentuate volontà autoritarie che, nel nome dell’efficienza, si implementano sul piano istituzionale e nel mondo del lavoro; essa non è stata ancora pienamente colonizzata dalla politica, in quanto il tanto vituperato “potere baronale” ha cercato di difendere la propria autonomia e si è mosso con logiche trasversali rispetto a quelle dell’appartenenza partitica. Con le prospettive che per essa si vanno disegnando, l’università – così come è avvenuto per le strutture sanitarie – diventerà quel luogo di vassalli e valvassori, assoggettati al potere politico, paventato dalla senatrice Cattaneo. E gli atenei non saranno più il luogo in cui si farà ricerca “curiosity driven”, per amore della cultura, portando avanti il lavoro fondamentale senza il quale non sarebbe possibile alcuna ricaduta applicativa e imprenditoriale. E non parliamo dell’evidente destino cui sono destinate tutte le discipline di carattere umanistico, ritenute “inutili” e incapaci di “stare sul mercato”. (Fonte: F. Coniglione, da un articolo inviato alla redazione di Historia Magistra nel maggio del 2016).