In base ai dati pubblicati lo scorso marzo nel dossier CRUI, l’Italia ha il numero di laureati più basso d’Europa: il 17%. Il confronto con gli altri Stati dell’Unione è impietoso: nel Regno Unito, per esempio, sono il 42%, in Francia il 32%, in linea con la media Ue. La Germania investe sull’Università 304 euro per abitante, l’Italia 109 euro. Negli ultimi sette anni Berlino ha incrementato del 20% i fondi pubblici per gli atenei, Parigi ha aumentato le risorse destinate all’università del 3,6%, Roma dal 2009 al 2016 le ha ridotte del 9,9%, riducendo di 902 milioni il Fondo di finanziamento ordinario. Negli ultimi cinque anni abbiamo perso 130mila studenti, oltre 60mila ricercatori e circa 5mila dottori di ricerca. Secondo le cifre fornite da Irpps-Cnr, l'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, ogni anno circa 3mila ricercatori italiani decidono emigrare all’estero. Siamo l’unico tra i Paesi più industrializzati del continente ad avere un saldo negativo tra partenze e arrivi di ricercatori: -13,2%. Vanno via soprattutto se le loro discipline di riferimento sono Scienze fisiche (31,5%) Matematica o Informatica (22,4%). Meno mobili i dottori in Scienze giuridiche (7,5%), in Agraria e Veterinaria (8,1%), dice l’Istat. Che ha fatto un identikit del dottore di ricerca che cerca fortuna all’estero, dove ci sono più opportunità e si fanno lavori più qualificati e meglio retribuiti. Proviene per lo più da famiglie del Centro-Nord, con elevato livello di istruzione ed è diventato dottore giovane, prima dei 32 anni. Così vanno ad arricchire chi cresce e investe sul talento: in Gran Bretagna, prevalentemente (16,3%), negli USA (15,7%), in Francia (14,2%), Germania (11,4%), Svizzera (8,9%). In base a quanto affermato dal responsabile dell’Anac, Raffaele Cantone, nell’ambito del convegno nazionale dei responsabili amministrativi delle università tenutosi a Firenze, una delle cause di questo trend sarebbe la corruzione. (Fonte:www.firstonline.info 23-09-16)
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