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GERMANIA. L’UNIVERSITÀ TEDESCA STAREBBE SOSTANZIALMENTE RINUNCIANDO ALLA CULTURA COME PERNO INTORNO A CUI ARTICOLARE LE PROPRIE VARIE ATTIVITÀ PDF Stampa E-mail

In molti modi e per varie ragioni l’università europea non è più padrona del suo destino, non decide più di sé, ma si trova invischiata in una congiuntura che la fa essere sempre di più una macchina etero-diretta: non ha più la mano sulla barra del timone che decide del suo corso. Intorno a questo è calato un grande silenzio, come se si trattasse di un fato tanto implacabile quanto del tutto coerente alla logica dei tempi. E, pertanto, cosa su cui non vale la pena di spendere una parola.
Circoscrivo queste mie riflessioni a un luogo e a un tema solo. Il luogo è il mondo universitario tedesco, perché è quello in cui mi sono formato e che meglio conosco dall’interno. Il tema è quello di una quasi ossessiva orientazione esclusiva al lavoro, almeno qui in Germania, di tutto il comparto formativo: iniziando dal liceo e passando poi attraverso l’università. Da qui la scelta di ridurre di un anno gli studi liceali, anticipando la maturità, per consentire un più rapido inserimento nelle attività lavorative. E, conseguentemente, una visione degli studi universitari in chiave prettamente funzionale alla loro applicabilità immediata nel lavoro futuro, che incombe imminente con la sua aura allettante di una promessa di successo e benessere economico inesauribile. Tutto questo con ricadute di cui scarichiamo i costi esistenziali sulle generazioni future. Tra il processo di Bologna, che ha trasformato l’architettura degli studi universitari in una sorta di prolungamento del modello liceale, e questa pressione ossessiva verso l’attività lavorativa, l’università tedesca sta sostanzialmente rinunciando alla cultura come perno intorno a cui articolare le proprie varie attività. La cultura, questo essere indefinibile, sfuggente, ma così prezioso per la formazione dell’umano all’avventura di vivere, paga il prezzo della sua non immediata fruibilità; perdendosi nei meandri curricolari ossessivamente orientati alla loro spendibilità remunerativa nel lavoro che verrà.
(Fonte: M. Neri, Il Mulino 3/206 05-07-16)