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ERASMUS ED ERC DOPO LA BREXIT PDF Stampa E-mail

Tra gli effetti della Brexit si prospetta l'uscita dal programma europeo per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, noto come Erasmus+, attivato con il regolamento n. 1288/2013. Che è un successo per le strutture universitarie britanniche che accolgono dagli altri Paesi Ue 27.401 studenti a fronte di 15.610 giovani inglesi partiti per fare un'esperienza di mobilità all'estero. Sul totale degli studenti in ingresso nel Regno Unito, il 25% degli studenti Erasmus arrivati nelle università britanniche è francese, il 16% proviene dalla Germania, il 15,4% dalla Spagna e l'8,5% dall’Italia. Un flusso a beneficio degli studenti con zero costi di iscrizione, una borsa di studio, l’integrazione di più sistemi universitari e lo svolgimento di esami in più sedi, che poi confluiscono nel titolo dello Stato di origine. Se fino all’avvio della procedura di recesso tutto continuerà a funzionare come al solito, dopo i cambiamenti saranno inevitabili. È possibile, però, che siano di minore portata rispetto ad altri settori. Questo perché già oggi il programma Erasmus+, operativo dal 2014 al 2020, è aperto anche a Stati terzi, sia a quelli che fanno parte dello spazio economico europeo come Norvegia, Islanda e Liechtenstein, sia a Paesi candidati all’adesione come Turchia ed ex Repubblica di Macedonia. Non solo. Con Erasmus Mundus le frontiere si allargano e così gli spazi per gli studenti Ue di andare a studiare in un altro Paese. Considerando che l’Erasmus è una delle poche immagini di un’Europa che funziona. Integrata almeno negli studi è difficile dire addio a un meccanismo che porta benefici simultaneamente a studenti e strutture universitarie.
Contraccolpi gravi sulla ricerca e l’innovazione potrebbero arrivare dall’uscita dal sistema dello European Research Council (ERC). Proprio le università inglesi sono le principali beneficiarie di ricercatori impegnati in ricerche di eccellenza e innovative che si avvalgono dei fondi ERC. Nel 2015, il Regno Unito era in vetta alla classifica dei Paesi che hanno ricevuto più fondi per effetto dei progetti approvati (62), seguito dalla Germania. In questo settore, quindi, il danno è proprio alle strutture inglesi perché il sistema di ripartizione di fondi è basato sulle sedi in Stati membri e non sulla nazionalità dei ricercatori (già oggi possono essere extra Ue). (Fonte: M. Castellaneta, IlSole24Ore 30-06-16)