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SELEZIONE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI. LE ATTUALI CRITICITÀ PDF Stampa E-mail

Paola Potestio, su IlSole24Ore del 27-06-16, si sofferma sull'evoluzione delle regole nella selezione della docenza universitaria. A proposito delle quali, afferma, nessun vero bilancio è stato fatto finora e i cui più recenti esiti continuano a destare perplessità. Dopo breve rassegna delle regole precedenti (ministri Berlinguer, Moratti, Mussi) arriva alle regole odierne, fissate dall’ampia riforma del sistema universitario del 2010 (ministro Gelmini). Si istituisce di nuovo un'abilitazione scientifica nazionale, ma senza vincoli sulla numerosità degli idonei. Si prevedono, quindi, concorsi banditi dalle università e soggetti a regolamenti predisposti dagli stessi atenei. La prima, laboriosa, tornata delle abilitazioni è stata bandita nel 2012 e i dichiarati idonei manterranno l’abilitazione per un periodo di sei anni (per alcuni settori la scadenza giunge al 2021).
II sistema adottato si espone a diversi rilievi critici, sostiene Potestio. Un'abilitazione senza alcun vincolo sul numero degli idonei mal si concilia con realistici piani di crescita. II concreto operare delle commissioni per le abilitazioni può creare ulteriori distorsioni. Per esempio, nell'area di economia, nella fascia dei professori ordinari il rapporto tra abilitati e domande nella prima tornata e stato di circa il 44% nel settore economia politica, ma di ben il 69% nel settore politica economica. E’ difficile pensare che questo divario sia dipeso da differenze nella qualità dei candidati; è più realistico supporre gradi diversi di selezione. II secondo rilievo riguarda l’utilità di un vaglio ripetuto: l’abilitazione prima e il concorso presso l’ateneo poi. Se la selezione della prima fase è adeguata, perché non lasciare agli atenei la facoltà di scegliere subito l'idoneo che si ritiene meglio corrisponda agli interessi della struttura?
Come non ipotizzare che iI concorso presso l'università, con una commissione composta da due commissari interni all'ateneo e tre membri esterni nominati dallo stesso ateneo, abbia ottime chances di raggiungere questo medesimo risultato? Perché impegnare tempo e risorse per ciò, cosa che la predisposizione e l’attuazione del concorso richiede? Se, d'altro canto, la selezione della prima fase ha avuto debolezze, la natura in larga misura locale del concorso può non garantire che la scelta fatta dall'università compensi un'eventuale generosità della prima selezione.
Dati interessanti emergono dal Rapporto ANVUR 2016 sullo stato dell'università: il 50% dei bandi, a seguito della prima tornata di abilitazione, sono fatti con accesso riservato al personale interno dell'università e il 41% con accesso riservato a tutti, mentre accesso riservato a esterni e chiamate dirette rappresentano percentuali piccolissime dei bandi fatti. L'ambiguità dei bandi riservati ai soli interni - tra esigenze di protezione di competenze molto specifiche ed esigenze molto generiche di protezione degli interni - contribuisce a chiarire una certa fragilità dell'attuale insieme di regole. Certo, il possibile scenario di idonei deboli protetti da bandi per soli interni e idonei forti messi in competizione da bandi aperti potrebbe esser fonte di pesanti distorsioni. Una considerazione conclusiva. Il richiamato susseguirsi delle regole è, in sostanza, girato intorno al dilemma tra autonomia degli atenei nella scelta dei docenti e garanzie di una selezione indipendente. II dilemma forse non ha soluzione. Prescindendo comunque da ciò, i due livelli di giudizio con cui lo schema attuale tenta di sciogliere il dilemma potrebbero essere utilmente corretti, tentando di rendere più uniforme e limitato il primo livello e semplificando od opportunamente vincolando il secondo. (Fonte: P. Potestio, IlSole24Ore Commenti 27-06-16)