Home 2016 18 maggio SISTEMA UNIVERSITARIO TESI DELL’ADI (ASSOCIAZIONE DOTTORANDI E DOTTORI DI RICERCA ITALIANI) SUL PERCHÈ L’UNIVERSITÀ ITALIANA È POCO ATTRATTIVA
TESI DELL’ADI (ASSOCIAZIONE DOTTORANDI E DOTTORI DI RICERCA ITALIANI) SUL PERCHÈ L’UNIVERSITÀ ITALIANA È POCO ATTRATTIVA PDF Stampa E-mail

Secondo l’ADI vi è la necessità di interventi sistematici, le cui ragioni sono riassumibili nelle seguenti tesi. La prima tesi è che l’Università italiana è scarsamente attrattiva perché si basa sul precariato della ricerca. La seconda tesi è che l’università è poco attrattiva perché finanziata poco e male. La terza tesi è che non esiste l’università senza i suoi studenti.
L’Università italiana è scarsamente attrattiva perché si basa sul precariato della ricerca. Oltre il 50% del personale universitario fa ricerca senza una posizione di ruolo, incastrato in un meccanismo di reclutamento che, dopo il dottorato, prevede una giungla di contratti parasubordinati (borse e assegni di ricerca) e a tempo determinato (ricercatori a t.d. di tipo “a” e “b”). Al netto dei periodi di lavoro gratuito, la “gavetta” in Italia dura almeno 12 anni mentre, stando ai tassi di reclutamento attuali, solo l’8% degli attuali 14.400 assegnisti di ricerca avrà la possibilità di concorrere per una posizione di ruolo (V Indagine annuale ADI), avendo superato da lungo tempo i 40 anni. Concordiamo con i vincitori dei fondi ERC quando scrivono “Allo scopo di attrarre ricercatori dall’estero e non far scappare molti dei migliori ricercatori italiani, è necessario presentare loro un piano chiaro per lo sviluppo della propria carriera.” Riteniamo che il primo passo per raggiungere questo obiettivo sia lo sblocco del turn-over in vigore dal 2008, un sostanziale innalzamento dei tassi di reclutamento – le misure contenute nell’ultima legge di stabilità sono largamente insufficienti – e una riforma del pre-ruolo che semplifichi le figure contrattuali e aumenti le tutele.
L’università è poco attrattiva perché finanziata poco e male. A partire dal 2009, il sistema accademico nazionale ha accumulato tagli per circa 800 milioni di euro che si sono abbattuti in modo differente sui diversi territori, colpendo soprattutto il Mezzogiorno. Un grande numero di università deve così ridimensionarsi e i primi a farne le spese sono studenti e ricercatori precari. E’ indispensabile dunque aumentare il finanziamento all’università italiana e ripensarne la distribuzione, distinguendo nettamente quota ordinaria e quota premiale con il fine di aumentare il livello medio di tutto il sistema .
La situazione del Diritto allo Studio nel nostro paese è drammatica e gli interventi messi in campo dal Governo risultano insufficienti, come nel caso del recente decreto di aggiornamento delle soglie Isee e Ispe, che non ha reintegrato totalmente la platea degli esclusi dalla borsa di studio. Solo il 10 % degli studenti è beneficiario di borsa di studio contro il 19% della Spagna e il 27 % della Francia. Il sistema per come è strutturato inoltre produce delle profonde sperequazioni tra le regioni che passano da un 100% di coperture delle borse (Toscana) al 32% della Sicilia. (Fonte: http://tinyurl.com/zfz6aga 15-04-16)