EXPORT DI RICERCATORI |
Ogni anno, circa 3000 ricercatori italiani - dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo accademico - prendono la via dell'estero. L'Italia, tra i paesi europei più industrializzati, esporta più ricercatori di quanti non ne importi dagli altri paesi. Per il nostro Paese il saldo è negativo: meno 13,2 per cento. In altre parole, perdiamo il 16,2 per cento di ricercatori fatti in casa che si vanno a confrontare con i colleghi stranieri e riusciamo ad attrarre il 3 per cento di scienziati di altri paesi. Dal 2010 al 2020 perderemo 30.000 giovani talenti: con il dottorato di ricerca alle spalle lasceranno il nostro paese per trovare soddisfazioni e lavoro all’estero, un esodo che ci costerà 5 miliardi. La conferma della gravità del problema viene dal “Forum della meritocrazia”, che ha analizzato i risultati prodotti dalla legge “controesodo”, la legge 238/2010 destinata a cittadini Ue laureati, nati dopo il 1969, residenti nel nostro paese per almeno due anni e, in seguito, residenti e con un’esperienza di lavoro all’estero per almeno altri due anni. Nata nel 2010 da un’iniziativa bipartisan con l’obiettivo di far rientrare in Italia i cervelli trasferitisi all’estero, si stima che abbia generato per il periodo 2012 -2015 circa 500 milioni di euro di pil. La legge è stata modificata nel 2015, con l’estensione ai nati prima del 1969, e ha visto l’abbassamento dell’imponibile fiscale al solo 30%, riducendo fortemente l’incentivo economico al rientro. “Il Forum propone che vengano ripristinati i benefici fiscali originari o, in alternativa, di realizzare nuove politiche per aumentare l’attrattività del nostro paese”. (Fonte: W. Passerini, La Stampa Opinioni 26-02-16; grafica a cura di Paola Cipriani – Visual, R.it) Tab. 1 - Dal 2010 al 2020 l’Italia perderà circa 30.000 ricercatori costati agli italiani qualcosa come 5 miliardi, che all’estero contribuiranno allo sviluppo economico di quei paesi. Tab. 2 - ll confronto con le nazioni europee. "Per molte altre nazioni europee le percentuali sono invece in pareggio, come per la Germania, o positive come nel caso della Svizzera e della Svezia (oltre il +20%), del Regno Unito (+7,8%) e Francia (+4,1%). Perfino la Spagna, la cui economia non brilla certamente, ci tiene a debita distanza con una perdita contenuta all'1%.
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