Home 2016 25 gennaio IN EVIDENZA LA PROTESTA CONTRO LA VQR. DUE DIVERSE FAGLIE DI CONFLITTO
LA PROTESTA CONTRO LA VQR. DUE DIVERSE FAGLIE DI CONFLITTO PDF Stampa E-mail

La VQR 2011-2014 (esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca promosso dall'ANVUR) arriva alle battute finali. Ma il malcontento non sembra placarsi, anzi. I detrattori stanno attaccando, mentre l'Agenzia ha rinviato due volte la chiusura della prima fase (selezione e invio dei prodotti che saranno sottoposti a valutazione): la prima volta al 15 febbraio, la seconda a fine febbraio.
La protesta contro la VQR che si sta diffondendo nelle università italiane – nota S. Semplici sul corriere.it - non è l’azione corporativa di professori che rifiutano di essere valutati. Sono i soldi dei cittadini a mantenere la libertà della scienza e del suo insegnamento e i cittadini hanno il diritto di sapere che questi soldi sono spesi bene. Questa protesta è anche responsabile, perché non ha colpito e non colpisce gli studenti. Ciò detto, occorre riconoscere onestamente l’esistenza di due diverse faglie di conflitto, che in parte si sovrappongono e che occorre tuttavia tenere distinte.
La prima corrisponde a un conflitto dei professori con il governo per una rivendicazione legittima e chiaramente circoscritta. Il blocco degli scatti di anzianità, che costituiscono una parte rilevante del trattamento economico dei docenti universitari, così come degli altri lavoratori del pubblico impiego, è stato applicato in questo settore in modo differenziato e prolungato rispetto a tanti altri. E nessuno si è mai preoccupato di spiegare quali fossero le colpe meritevoli di quella che molti percepiscono, oltre che come una punizione incomprensibile, come una lesione alla dignità del proprio impegno e del proprio lavoro. Questo è il vettore della protesta intorno al quale si è raccolto il consenso più ampio: l’astensione dalla VQR, in questa prospettiva, è uno strumento che non contesta, almeno apertamente e in linea di principio, la sua natura, i suoi obiettivi e l’uso che viene fatto dei suoi risultati.
C’è però – prosegue S. Semplici - una protesta che ha un fine diverso e che riguarda il rapporto fra le modalità con le quali la valutazione è stata introdotta in Italia e la missione dell’università. Anche questa è certamente una protesta contro il governo e contro il parlamento. Essa è però al tempo stesso – e bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome – il risultato di un conflitto fra professori. In gioco, in questo caso, c’è proprio il rifiuto di «queste» modalità di valutazione della loro attività (e non il rifiuto di una valutazione trasparente e rigorosa, a partire dal controllo del rispetto da parte dei docenti dei loro doveri nei confronti degli studenti), a causa degli effetti che esse hanno prodotto e che sono stati così riassunti in una petizione che ha già raccolto alcune centinaia di firme: «una politica di progressiva riduzione delle già scarse risorse coperta dalla parole d’ordine del merito; l’erosione del diritto allo studio e l’esasperazione di insostenibili squilibri fra le diverse aree del Paese; la ricerca dell’eccellenza contrapposta al dovere dell’equità; la competizione con ogni mezzo contrapposta alla solidarietà e alla collaborazione che dovrebbero caratterizzare la vita dei nostri atenei; la mortificazione dell’impegno nella didattica come pilastro irrinunciabile della “missione” dell’università». (Fonte: S. Semplici, corriere.it 21-01-16)