Home 2016 25 gennaio IN EVIDENZA LA RICERCA ITALIANA È SETTIMA PER IMPATTO SU SCALA MONDIALE
LA RICERCA ITALIANA È SETTIMA PER IMPATTO SU SCALA MONDIALE PDF Stampa E-mail

L'Italia nel 2013 ha investito l'1,26% del Pil in Ricerca&Sviluppo, ben al di sotto della media Ue (2%) e degli obiettivi di spesa fissati dall'Europa per il 2020 (3%). Tuttavia, come risultato la ricerca italiana è settima per impatto su scala mondiale, sopra a Paesi che hanno investito in proporzione anche più del doppio come Danimarca (3,06%, 14esima) e Svezia (3,30%, 11esima).
Lo rivela il cosiddetto H Index, l'indicatore che misura la produttività della ricerca con fattori come numero di pubblicazioni e citazioni ricevute: secondo la classifica del portale di indicatori SCImago Journal & Country Rank, il nostro Paese registra un valore di 713 che lo conserva nella top 10 mondiale davanti a “concorrenti” come Australia (644) e le stesse Svezia e Danimarca (614 e 518). Insomma: pochi fondi e risultati brillanti? L'equazione non è così semplice. E presenta più rischi che buoni segnali. Diversi criticano lo stesso H Index, contestato per alcuni limiti come l'incapacità di cogliere le differenze tra settori disciplinari o la parzialità delle classifiche che se ne possono ricavare. Ma quello che emerge, in ogni caso, è che la ricerca italiana riesce a mantenere standard di qualità e quantità elevati a fronte di finanziamenti ridotti. Un dato positivo a prima vista, ma allarmante in prospettiva, se si considerano i rischi sulla tenuta stessa del sistema e la sua – già debole – capacità di influire sull'ecosistema economico. In primo luogo, la carenza di investimenti è una delle molle all'ormai celebre “fuga” di italiani all'estero. Sono soprattutto le risorse qualificate ad abbandonare il Paese. Ricercatori in testa: «E questo è un disastro. Significa che formiamo bene gli studenti grazie a una scuola secondaria molto forte e a università di eccellenza, ma il sistema non è in grado di investire su professionalità con un certo grado di qualifiche. La ricerca di qualità viene fatta, sì, ma spesso all'estero» evidenzia Fabio Sdogati, ordinario di Economia internazionale al Politecnico di Milano. (Fonte: A. Magnani, IlSole24Ore 07-01-16)