Home 2015 23 dicembre SISTEMA UNIVERS.- EVOLUZIONE E PROPOSTE DI RICERCA RIFLESSIONI ANTICIPATRICI DI ENNIO FLAIANO SULLA TRASFORMAZIONE DELL'UNIVERSITÀ
RIFLESSIONI ANTICIPATRICI DI ENNIO FLAIANO SULLA TRASFORMAZIONE DELL'UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail

Andrea Lombardinilo ha il merito su Universitas 137 di riproporci il mordace pensiero anticipatore di Ennio Flaiano (1919-1972) sull'evoluzione dell'università. Lo studio come forma di intrattenimento, l’analfabetizzazione culturale come pratica diffusa; l’affermazione della burocrazia, l’incombere delle amministrazioni centrali, il sopravvento delle lingue straniere sull’italiano. Sono soltanto alcuni dei fenomeni degenerativi che Flaiano ha il coraggio di denunciare sul Corriere della Sera in una riflessione sociologica del dicembre 1959, in cui la satira sul malcostume italico si innesta su un senso di frustrazione per la parabola discendente di un paese che ha perso di vista la centralità dei valori tradizionali e che non riconosce più ai sistemi educativi una centralità un tempo indiscussa. Si tratta di un processo all’apparenza irreversibile. Flaiano sembra intuire la deriva normativa e tassonomica che oggi attanaglia gli atenei italiani, alle prese con riforme speculari e con procedure valutative che si risolvono in classifiche di merito, preziose ai giornali per decretare promossi e bocciati del sistema accademico. Si pensi del resto alle classifiche internazionali stilate dall’OCSE nei rapporti Education at a glance, laddove si denuncia il cronico deficit dell’Italia per investimenti in formazione, sviluppo e ricerca rispetto ai concorrenti europei. Flaiano anticipa l’immagine dell’università «malata e denigrata» del nostro tempo, incapace di reggere il passo dei mutamenti prodotti dalla globalizzazione. Gli effetti della rivoluzione studentesca testimoniano la cifra sociale del cambiamento, sospinto dall’espansione della base partecipativa, dall'evoluzione del mercato del lavoro e dalle nuove possibilità connettive del digitale. La formazione permanente è soltanto uno degli aspetti con cui l’uomo flessibile deve fare i conti in termini di aggiornamento professionale.
Travolta dall’ansia riformistica e dalla crisi economica globale, l’università post-moderna sembra discendere direttamente dall’università addormentata descritta da Flaiano, la cui sagacia non risparmia alcun aspetto della vita sociale del suo tempo. I comportamenti accademici non fanno eccezione. Le ragioni vanno individuate (anche, ma non solo) nella rivoluzione generata dall’industria culturale mainstream, che anticipa di qualche decennio l’epopea in corso del digitale. La risposta dell’università italiana si traduce in un profluvio di norme che di fatto ostacolano, più che agevolare, il rinnovamento tanto invocato. In qualità di spettatore disincantato, Flaiano invita l’università a destarsi dal suo torpore: meno conservatrice e più reattiva, pena il declino. Le responsabilità ricadrebbero egualmente sulla politica, sui burocrati, sui professori, sugli stakeholder, cui Flaiano avrebbe certamente adattato uno dei suoi aforismi più noti: «Ha poche idee, ma confuse». (Fonte: A Lombardinilo, Universitas 137 ottobre 2015)