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PER L'ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE NECESSARIO «IL POSSESSO DI UN TITOLO ACCADEMICO» PDF Stampa E-mail

Sulla validità del nuovo diploma di istruzione tecnica per l'accesso agli albi professionali il punto da cui partire è la riforma degli istituti tecnici (DPR 88/2010) che nel riordinare questo tipo di formazione, ridefinendone settori e aree, l'ha resa insufficiente a garantire una preparazione specifica per esercitare una professione intellettuale. Le ragioni sono semplici e vanno ricercate nei passaggi della stessa riforma e nell'indispensabile riferimento all'Europa. Innanzitutto il DPR ha modificato la stessa denominazione del titolo di studio, d'ora in poi genericamente definito «diploma di istruzione tecnica», facendogli perdere quella connotazione caratterizzante che fino ad ora ha consentito di individuarne con chiarezza la specifica professione di accesso. In secondo luogo il provvedimento contiene un passaggio fondamentale, forse sottovalutato, che, di fatto, cancella il logico collegamento tra il titolo e l'accesso alla professione. Mi riferisco all'articolo 10 che abroga un passaggio contenuto nel Testo unico sull'istruzione scolastica (art. 191 comma 3, Dlgs 297/94) che stabiliva: «Gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all'esercizio di funzioni tecniche e amministrative, nonché di alcune professioni nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico e aeronautico». In questo senso non viene in aiuto, come qualcuno erroneamente ritiene, la tabella D (di cui all'articolo 8 comma 1) di confluenza tra gli indirizzi di specializzazione esistenti e le nuove aree. Tabella valida solo per i percorsi formativi in corso all'epoca dell'entrata in vigore del regolamento e che nulla c'entra con l'equivalenza dei titoli scolastici rilasciati tra il vecchio e il nuovo ordinamento. Infine il riferimento all'Europa, di cui è prova la stessa circolare ministeriale. Il ministero, infatti, si è preoccupato di attribuire un livello Elf precisamente il IV, al titolo di studio, adottando quindi un preciso modello di riferimento nella valutazione della formazione attuale. Se questo è il principio, allora non si può trascurare il «Primo rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al Quadro europeo Elf», approvato in Conferenza Stato-Regioni il 20/12/12, che prevede per l'esercizio di una professione «il possesso di un titolo accademico», corrispondente, norme alla mano, al VI livello.
Solo con una laurea triennale quindi si potrà mantenere quell'autonomia e quella capacità di progettare, cuore della professione intellettuale. Solo così il professionista italiano non sarà discriminato rispetto a quello europeo. (Fonte: G. Giovannetti, ItaliaOggi 03-09-15)