Home 2015 18 maggio RICERCA. RICERCATORI. VALUTAZIONE DELLA RICERCA RICERCA. IL CAVALLO DI TROIA CHE HA SCOPERCHIATO LE FALLE DELLE RIVISTE ON LINE
RICERCA. IL CAVALLO DI TROIA CHE HA SCOPERCHIATO LE FALLE DELLE RIVISTE ON LINE PDF Stampa E-mail

La molecola X, estratta dal lichene Y, inibisce la crescita delle cellule tumorali Z. È lo schema di un articolo-esca inventato di sana pianta e firmato da un autore inesistente che la rivista Science ha inviato a 304 riviste online open access per testarne l’attendibilità e la qualità divulgativa. Risultato? Ben 157 lo hanno accettato ad occhi chiusi, senza verificarne la validità, e un editore ha persino chiesto 3100 dollari per la pubblicazione. Il cavallo di troia, inviato da Science ai meno proibitivi competitor online, serviva a scoperchiare le falle di un sistema in cui la qualità spesso passa in secondo piano, a vantaggio della quantità. Esistono al giorno d’oggi ben 21.100 riviste scientifiche che in un anno pubblicano qualcosa come due milioni di articoli a fronte di una popolazione mondiale di più di 10 milioni di ricercatori. La corsa ai finanziamenti costringe spesso i ricercatori a pubblicare frettolosamente i dati raccolti, publish or perish (pubblica o muori) a scapito della precisione. Piero Bianucci sul quotidiano La Stampa, spiega che: “Il problema della validazione dei risultati scientifici, dovuto all’enorme numero di articoli, è aggravato dal proliferare delle riviste online e dal fenomeno dell’auto pubblicazione (senza controlli) in anteprima”. Il meccanismo è circolare: lo scienziato deve produrre articoli per avanzare di carriera. Contano numero di paper pubblicati e il prestigio della rivista, oltre al numero di volte che l’articolo è citato dai colleghi negli anni successivi. Tutti dati che servono a calcolare il h-factor, cioè quanto è bravo un ricercatore. Le riviste, a loro volta, si sono evolute verso un diverso modello di finanziamento, facendo pagare i costi ai ricercatori che chiedono di pubblicare il loro lavoro. È questo il modello delle cosiddette riviste Open Access, che non guadagnano in base al numero degli abbonamenti, ma in base al numero degli articoli pubblicati. Di qui il tentativo della rivista Science, tra le più autorevoli e costose al mondo, di smascherare quegli editori Open Access che cedono alla tentazione di tirare su soldi facili, pubblicando articoli di dubbia qualità. Ma forse, se l’esperimento avesse coinvolto anche riviste tradizionali, il risultato non sarebbe stato molto diverso. (Fonte: www.blitzquotidiano.it 13-04-2015)