Autore: Nicola D'Amico. Ed. Franco Angeli, Milano,2015, pp. 730. Se oggi abbiamo troppi precari fra i giovani laureati, lo dobbiamo agli effetti di una scolarizzazione protratta nel tempo e indistinta; se oggi abbiamo una crescente difficoltà a fare mobilità professionale nei vari settori della vita economica e sociale, lo dobbiamo alla crescente fragilità delle sedi di formazione professionale degli adulti; se oggi abbiamo stanchezza collettiva di fronte alla pesantezza anche finanziaria dell’apparato scolastico, lo dobbiamo all’inconsapevolezza che ha guidato le avventure della scolarizzazione a tutti i costi. Come sarebbe bello, e giusto, se riuscissimo a riportare in equilibrio il rapporto fra formazione scolastica e lavoro! Ma sono ben cosciente che un tale obiettivo incontra oggi oggettive forti difficoltà. Da una parte, infatti, è cambiata la base del primato dell’opzione scolastica, che oggi si poggia sulla tematica, quasi sul mito, dell'“eccellenza”: del fattore umano, degli studi, dell’università, della ricerca scientifica, degli atenei, del livello complessivo delle tecnologie e del sistema produttivo. Qualcuno, quorum ego, può avanzare dubbi per questa enfasi sull’eccellenza, e il conseguente disinteresse per la dimensione mediana della realtà aziendale e formativa (dalle piccole aziende alla varia gamma dei “quadri” aziendali). Ma anche nell’apparato economico-produttivo e nel mondo del lavoro c'è poco entusiasmo verso nuove convergenze tra formazione e lavoro e verso la rivalorizzazione della formazione alla professione. Le grandi aziende hanno smantellato i loro centri di formazione; lo sviluppo dell'apprendistato (come strumento antico di formazione sul lavoro) non riesce a uscire dalle secche; l'esperienza di fare gestire alle Regioni la formazione per il lavoro è stata fallimentare. Sono così testardo da pensare ancora che, oggi, addirittura più che ieri, i processi formativi dovrebbero incamminarsi verso una sostanziale descolarizzazione, chiamando in causa quel po’ di cultura di formazione professionale che è ancora vivo in Italia e di cui Nicola D’Amico dà notizia e testimonianza. (Dalla prefazione di G. De Rita, www.scuola24.ilsole24ore.com 05-03-2015)
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