Home 2015 18 marzo RIFORMA UNIVERSITARIA LA RIFORMA DEL 3+2. UN BILANCIO DOPO 15 ANNI
LA RIFORMA DEL 3+2. UN BILANCIO DOPO 15 ANNI PDF Stampa E-mail

È tempo di un bilancio a 15 anni dalla riforma Berlinguer dell’Università (anno 2000). I successivi ministri (Moratti, Mussi, Gelmini, Carrozza ecc.) hanno lasciato intatto lo schema base del c.d. 3+2. E cioè un triennio propedeutico seguito da uno di specializzazione, articolati in corsi trimestrali o quadrimestrali per circa 3.000 corsi di laurea e con doppio sistema di valutazione in voto di esami e crediti. Lo schema del 3+2 nasceva dalla constatazione per la quale troppi studenti abbandonano gli studi prima della conclusione e, quindi, senza conseguire nessun titolo: abbreviando il corso di base e dando un primo titolo, si sarebbe ottenuta una maggiore percentuale di laureati e meno ritardi accademici. In effetti, in un primo momento, i laureati ritardatari sono diminuiti e il numero degli studenti che arrivano alla laurea (anche se solo di primo livello) è un po’ aumentato, ma l’Italia resta ultima in Europa per numero di laureati: nella fascia fra i 30 ed i 34 anni (proprio quella che ha frequentato l’università dopo la riforma Berlinguer, i laureati sono il 22,4% contro una media europea del 36,8%. Stando all’Anvur, su 100 immatricolati dell’anno 2003-04 (inizio effettivo della riforma Berlinguer), dopo 9 anni, a laurearsi sono stati intorno alla metà, il resto è in ritardo o ha abbandonato gli studi. E le coorti successive, anno per anno, hanno segnalano valori decrescenti di laureati e crescenti di ritardo. Gli immatricolati del 2009-10 in regola con il corso di studi, dopo 3 anni, sono solo il 23,2%, e, considerando l’aumento delle tasse universitarie e la linea di tendenza degli ultimi anni, è possibile prevedere che entro 9 anni i laureati di triennale saranno meno del 40% degli immatricolati di quell’anno. Considerato il totale della popolazione lavorativa, la riforma Berlinguer ha prodotto un aumento percentuale dei laureati dal 5,5% al 12,7% ma con un anno in meno di corso di studi e con un divario crescente rispetto al resto d’Europa. E negli ultimi anni si è registrata una tendenza al calo delle immatricolazioni per il quale ci sono circa 60.000 studenti in meno rispetto al 2009-10, nonostante una leggera crescita di studenti stranieri. E conta il fatto che l’università italiana è fra le più care d’Europa, con continui rincari delle tasse che ammontano a circa 1.000 euro annui in media. (Fonte: A. Giannuli, agoravox.it 06-03-2015)