Home 2014 8 aprile VARIE CARENZA DI SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN NEUROCHIRURGIA
CARENZA DI SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN NEUROCHIRURGIA PDF Stampa E-mail

In Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria non ci sono scuole di specializzazione per formare neurochirurghi e il numero dei professori ordinari e associati di Neurochirurgia nel nostro Paese è inferiore a sessanta, di cui 24 ordinari e 35 associati. Sono i dati emersi nel corso del primo incontro dei docenti di neurochirurgia sulla formazione specialistica neurochirurgica in Italia. «La carenza di figure universitarie neurochirurgiche negli Atenei italiani ha raggiunto un livello straordinariamente basso e ormai è insostenibile», denunciano gli esperti, «Occorre affrontare il problema con spirito costruttivo, nell'interesse esclusivo della futura Sanità pubblica del Paese». Secondo Francesco Tomasello, presidente del Collegio dei professori di prima fascia di neurochirurgia, «la formazione in generale, e in questo caso la formazione specialistica in Neurochirurgia, è una delle principali sfide per la crescita del Paese». Il presidente del Collegio ha, inoltre, sottolineato che «occorre offrire maggiori opportunità di formazione pratica chirurgica sul campo; far seguire i giovani da più docenti, rispetto a quelli attuali, nel loro percorso. La rete formativa universitaria-ospedaliera, così come è organizzata ora, non garantisce il conseguimento di questo obiettivo». In questo, un contribuito importante è quello offerto dalla Società italiana di neurochirurgia (Sin), che da alcuni mesi sta organizzando, a costo zero, corsi di aggiornamento per i giovani e corsi di dissezione anatomica. Il presidente della Sin, Roberto Delfini, ricorda che «abbiamo una carenza assoluta di laboratori dove praticare la dissezione anatomica e approfondire l’anatomia chirurgica. Mancano i preparati anatomici sui cui lavorare e il nostro maggior approvvigionamento viene dall’estero», per questo «i giovani neurochirurghi troppo spesso sono costretti ad andare in Europa o negli Stati Uniti per frequentare i corsi sui preparati».
Secondo Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale, occorre «rivedere e aggiornare l’ordinamento didattico delle scuole di specializzazione per creare in questa maniera un neurochirurgo adatto alle nuove tecnologie e anche proiettato verso un apprendimento che non sia solo ed esclusivamente professionalizzante, ma anche in grado di continuare a tenere, perché lo è attualmente in Italia, al centro della ricerca scientifica il più alto livello assistenziale».
Secondo Delfini, però, si tratta di un problema culturale e non legislativo: «Nulla impedisce che in Italia si possa disporre di preparati anatomici. Bisogna far capire alla gente quanto sia importante fare la dissezione anatomica sui preparati umani, piuttosto che una dissezione anatomica su un animale» e ispirarsi all’Australia, dove nel testamento molte persone scrivono di voler mettere il proprio corpo al servizio della ricerca.
(Fonte: S. Valletta, healthdesk.it 31-03-2014)