Home 2013 2 dicembre FINANZIAMENTI FINANZIAMENTI E POLITICHE FORMATIVE AL RIBASSO. UNA SCELTA POLITICA, NON “TECNICA”
FINANZIAMENTI E POLITICHE FORMATIVE AL RIBASSO. UNA SCELTA POLITICA, NON “TECNICA” PDF Stampa E-mail

Le politiche formative attuate negli ultimi anni sono, al tempo stesso, contraddittorie e miopi. L’obiettivo dichiarato delle recenti “riforme” consiste nel migliorare la qualità della produzione scientifica delle università italiane. Convenzionalmente, la qualità della produzione scientifica viene misurata calcolando il numero di citazioni che articoli e libri di studiosi italiani hanno ricevuto. Ebbene, su fonte SCIMAGO, si calcola che dal 2006 al 2010 il sistema universitario italiano si è collocato all’ottava posizione, su scala mondiale, per numero di citazioni ricevute. Nello stesso intervallo di tempo, l’Italia era collocata al decimo posto, su scala mondiale, per ricchezza prodotta. In altri termini, la “cura dimagrante” imposta all’università pubblica italiana si innesta proprio nel periodo nel quale quest’ultima è stata massimamente produttiva.
La contraddizione delle “riforme” rispetto all’obiettivo dichiarato consiste nel fatto che, pressoché inevitabilmente, gli studiosi italiani produrranno meno, sia perché avranno meno fondi a disposizione, sia perché sempre più anziani. Da Giulio Tremonti a Mariastella Gelmini e a seguire, si è detto che i tagli al sistema formativo sono necessari per ragioni di bilancio. Si tratta di una tesi palesemente falsificata dal fatto che, nell’intero settore del pubblico impiego, le maggiori decurtazioni di fondi sono state subìte proprio da scuole e università. Si è, dunque, in presenza di una scelta di ordine puramente politico, non dettata da ragioni “tecniche”. Scelta di ordine politico che ha a che vedere con il modello di specializzazione produttiva al quale si intende portare l’Italia. In netta controtendenza rispetto a quanto verificatosi, negli ultimi anni, nei principali Paesi OCSE, in Italia si è ridotta la quota degli occupati nelle professioni ad alta specializzazione. In altri termini, le (poche) assunzioni effettuate nel settore privato hanno riguardato essenzialmente individui con bassi livelli di scolarizzazione. La contrazione della domanda di lavoro qualificato è dipesa essenzialmente dalla riduzione degli investimenti realizzati dalle imprese italiane (-3.9% nel 2012 rispetto all’anno precedente, su fonte ISTAT). Le politiche di austerità messe in atto negli ultimi anni hanno significativamente contribuito a generare questi esiti. Ciò a ragione del fatto che la riduzione della spesa pubblica e l’aumento dell’imposizione fiscale hanno ristretto i mercati di sbocco delle (molte) imprese italiane che operano su mercati interni, riducendone i profitti (o determinandone il fallimento) e riducendo, di conseguenza, i fondi interni disponibili per le innovazioni.
(Fonte: G. Forges Davanzati, Micromega 15-11-2013)