Dal prossimo anno accademico parte l'accreditamento dei corsi di laurea, cioè il «patentino» ufficiale senza il quale corsi e sedi non potranno essere attivati. Tra i parametri più importanti c’è quello che impone un numero minimo di docenti di ruolo. I primi a dover rimettere mano all'organizzazione, in gran fretta, sono gli atenei telematici, fioriti negli ultimi anni per intercettare una domanda di formazione spesso "alternativa" a quella tradizionale. Progressivamente, però, iI salire della marea investirà anche le università fisiche, e nel giro di quattro anni imporrà a 40 atenei su 90 di alleggerire la propria offerta di corsi di laurea rispetto a quella attuale. La marea è quella dei nuovi requisiti di accreditamento contenuti in uno degli ultimi decreti attuativi della riforma Gelmini, firmato il 30 gennaio scorso dal ministro Profumo: dal 2013/2014, ogni corso di laurea dovrà rispettare una serie di parametri per ottenere l'accreditamento ministeriale, senza il quale dovrà chiudere bottega. Tra i criteri per il "patentino" ministeriale spicca quello relativo alla docenza, che imporrà a ogni corso di laurea un numero minimo di professori di ruolo. Il livello salirà progressivamente, in quattro anni. Ai corsi che vorranno nascere o ripartire a settembre servirà almeno un docente di ruolo per anno (dunque il minimo è tre per le lauree di primo livello e due per le magistrali), poi la richiesta salirà fino ad arrivare a regime, dal 2016/2017, a quattro docenti all'anno. Per le università non statali e per quelle nate solo online sono previsti sconti, ma molto ridotti, (tre docenti all'anno a regime invece di quattro), mentre un regime diverso riguarderà i corsi delle professioni sanitarie e di scienze motorie. Già da questa sintesi, però, emergono chiare due caratteristiche del nuovo sistema: progressivi quanto si vuole, i parametri sottopongono tutti a un trattamento analogo, e non offrono vie d'uscita. L'entrata in gioco dei nuovi parametri non è comunque solo questione da accademia "virtuale". La tabella che segue confronta corsi e docenti attuali con le richieste dei requisiti a regime, e mostra l'esigenza di interventi profondi anche in grandi atenei tradizionali. I numeri sono indicativi, perché non possono tenere conto dell'articolazione di offerta e docenza per area disciplinare e settori didattici, ma mostrano distanze rilevanti fra il panorama attuale e quello chiesto dall'accreditamento a regime in università come L'Aquila, Genova e Campobasso, e fra le non statali alla Maria Ss. Assunta di Roma e all'università di Enna. La situazione nei poli più grandi, dalla Sapienza di Roma alle Statali di Milano e Torino, è decisamente più tranquilla, ma questo è un dato ovvio. I requisiti di docenza, insieme a quelli sulla platea studentesca di riferimento, puntano a "pulire" il panorama didattico dai corsi che raccolgono non più di una manciata di iscritti. (Fonte: G. Trovati, IlSole24Ore 11-03-2013)

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