Home 2013 28 marzo UNIVERSITÀ UNIVERSITÀ. UN’AUTONOMIA VIRTUOSA
UNIVERSITÀ. UN’AUTONOMIA VIRTUOSA PDF Stampa E-mail

La retorica dominante sostiene che il problema dell’università italiana sia esclusivamente economico: ma allora come spieghiamo il fatto che l’Inghilterra spende per l’istruzione universitaria lo 0,2% del PIL (circa 2 miliardi di euro) in meno rispetto al Belpaese? E come mai in tutti i ranking mondiali gli atenei britannici umiliano quelli italiani?  E ancora, come si giustifica il fatto che il continuo aumento dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) dal 1996 al 2009 (circa 2700 milioni di euro) è coinciso con il momento di maggior proliferazione di corsi di laurea e insegnamenti inutili e bizzarri? Con tutte le diversità dei modelli italiano e inglese (che si avvale di un cospicuo apporto del finanziamento privato), questi dati mostrano come un aumento del finanziamento pubblico non sia l’unica soluzione possibile per un miglioramento dell’università.
Non vogliamo certo negare la gravità dei tagli che hanno azzoppato l’FFO negli ultimi anni; semplicemente ci sembra evidente che, in una situazione economica che difficilmente consente un maggior aggravio della spesa pubblica, sia fondamentale rilanciare l’autonomia universitaria.
Infatti le soluzioni adottate finora, come i finanziamenti a pioggia, non hanno sortito alcun effetto sensibile sulla qualità del sistema universitario (come ci auguriamo dimostrino presto le valutazioni dell’ANVUR). Si può realisticamente pensare che un ateneo, pur con i debiti finanziamenti, ma ingabbiato in logiche centraliste che, pretendendo di organizzare tutto ne mortificano l’identità, possa dimostrare quanto vale? È necessaria una vera autonomia didattica che consenta alle università una maggiore libertà nel proporre la propria offerta formativa. Un ateneo deve essere libero di proporre i corsi di laurea che più ne caratterizzano la proposta culturale, senza requisiti minimi opprimenti; lo studente deve poter scegliere il piano di studi che più risponde ai suoi interessi, senza ordinamenti didattici di strette vedute che indirizzano verso scelte univoche. Un’autonomia che non può pienamente realizzarsi senza una maggior libertà anche nelle scelte economiche e gestionali delle università. Chiediamo forse un’autonomia selvaggia? No! Tale autonomia richiede un serio processo di autovalutazione attraverso il quale gli Atenei possano dar ragione delle scelte compiute, ed essere pronti a pagare per le scelte azzardate e che non portano ad un vero incremento della qualità. Allo stesso modo è urgente che questo processo si coordini con una seria valutazione esterna che accompagni l’inizio di questo meccanismo virtuoso. In questa linea è auspicabile che il lavoro intrapreso dall’ANVUR prosegua senza allontanarsi dal proprio scopo.
(Fonte: F. Seghezzi, nuvola.corriere.it 22-02-2013)