FINANZIAMENTI. UN BALZO INDIETRO DI UN DECENNIO |
Un ateneo su tre è congelato. Non può assumere, se non per sostituire il personale andato in pensione l’anno precedente. Una situazione che non riguarda tanto le piccole sedi quanto i big come La Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano, o la Federico II di Napoli. In totale sono 22 su 60 le università pubbliche che sforano i paletti imposti dalla spending review. Con il D.lgs. 49/12, infatti, l’esecutivo ha fissato un tetto alla spesa per il personale e all’indebitamento in percentuale alle entrate, rispettivamente all’80 e al 10 per cento. Dalla tabella, visibile sul sito del ministero, emerge un quadro disperato: al netto dei pagamenti a docenti, ricercatori e dipendenti vari, in cassa rimangono pochi spiccioli. Dei 137 milioni racimolati dall’Università di Siena nel 2011 – tra rette degli studenti e il fondo ordinario per le università (Ffo), in genere per ogni 100 euro 75 provengono dal Ffo e 15 dagli studenti – ne sono avanzati soltanto 25 milioni. Stesso discorso per Foggia, 38,5 milioni incassati e 32 spesi, o Macerata, 44 milioni entrati, 35,6 usciti. Unita al blocco del turnover nella Pa, che risale al 2009, la cronica mancanza di risorse sta uccidendo gli atenei minori, che non hanno fondi per confermare docenti e ricercatori, e dunque subiscono un elevato turnover che inevitabilmente abbassa la qualità della didattica. D’altronde, i fondi ministeriali servono a malapena a pagare gli stipendi a fine mese. Numeri che non stupiscono in un Paese che spende in media 9mila dollari per studente (dati Ocse Education at a glance 2011, vedi pag. 209) rispetto a una media Ocse di 14mila. FONTE: CNVSU. Dati riguardanti le prime 10 università per n.ro di iscritti. |