Home 2012 31 Dicembre UNIVERSITÀ. CHE COSA FARE SECONDO CONFINDUSTRIA
UNIVERSITÀ. CHE COSA FARE SECONDO CONFINDUSTRIA PDF Stampa E-mail
Spendiamo ogni anno 9,4 miliardi di euro per le baby pensioni, mentre per il finanziamento delle università solo (poco meno di) 7 miliardi. È evidente che l'Italia non investe sul futuro. I giovani oggi non hanno più fiducia nelle università, sebbene nel nostro Paese vi siano numerosi atenei eccellenti e in grado di competere con le migliori università europee. Secondo l'ultima indagine Ocse, condotta sugli studenti di scuola secondaria, solo il 41% dei quindicenni italiani ha intenzione di proseguire gli studi universitari mentre in Corea del Sud sono oltre l'80%. Abbiamo fatto proliferare «università condominiali» in tutto il Paese e abbiamo progressivamente disinvestito sulla qualità dell'università, rendendo sempre più difficile ai nostri migliori atenei competere ad armi pari nello scenario internazionale. Mentre negli Usa quando nasce un figlio si accende un mutuo per finanziare il college, da noi l'università è nell'immaginario collettivo una spesa pubblica improduttiva, per non dire assistenzialismo a basso costo. La differenza tra il costo per lo Stato di uno studente universitario (da 7 a 15 mila euro) e le basse rette italiane (che non superano di norma i 1500 euro) è paradossalmente a carico delle famiglie a basso reddito. È indispensabile aumentare le tasse universitarie per le famiglie più ricche, destinando una parte delle maggiori entrate a un tondo per finanziare la mobilità degli studenti, sia in altre università italiane sia all'estero. Ma non basta. Noi spendiamo per il diritto allo studio uno scandaloso 0,12% del Pii, mentre la media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è dello 0,25%, il doppio. L'idea di un'università come «turris eburnea», chiusa alla contaminazione con la società e il sistema economico è definitivamente crollata. Oggi l'università funziona se crea competenze. Serve dunque professionalizzare le lauree triennali, prevedendo in determinati settori tecnico-scientifici di svolgere il terzo anno in apprendistato in impresa, attivare i nuovi dottorati industriali, diffondere i percorsi di alternanza. La poca fiducia e il disorientamento verso l'università saranno la poca fiducia e il disorientamento verso la società che vogliamo costruire. È una questione cruciale, che va risolta. L'università può svolgere un ruolo prezioso per la rinascita italiana, ma bisogna dare a rettori intraprendenti e docenti aperti le regole giuste per giocare ad armi pari in uno scenario che si è fatto globale.
(Fonte: I. Lo Bello, Vicepresidente per l'Education di Confindustria, Corsera 14-12-2012)