Home 2012 10 Dicembre RILANCIARE LA PRODUTTIVITÀ NELL’ISTRUZIONE, NELLA FORMAZIONE, NELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
RILANCIARE LA PRODUTTIVITÀ NELL’ISTRUZIONE, NELLA FORMAZIONE, NELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA PDF Stampa E-mail
Tra le componenti connettive di competitività e di produttività ricordiamo l'istruzione, la formazione, la ricerca scientifica e tecnologica, le tecnologie dell'informazione e comunicazione, l'organizzazione. È noto che l'Italia ha investito poco in capitale immateriale centrato sulla conoscenza, che aumenta la produttività totale dei fattori. La connettività o complementarietà della conoscenza è chiara perché la qualità delle risorse umane e della ricerca ha effetti che vanno dal civismo all'innovazione, dall'efficienza alla qualità della vita (basti l'esempio della salute). Ma anche all'aumento della nostra autonomia di Paese dotato di poche materie prime e risorse energetiche. Sulla necessità di potenziare questi fattori in Italia ci sono migliaia di dati che provano un nostro posizionamento sotto le medie europee, salvo qualche eccezione che conferma la regola. Gli anni d’istruzione formale della forza lavoro sono, infatti, minori e le specializzazioni sono poco connesse alla domanda del sistema produttivo sia dal punto di vista formale (pochi tecnici per le industrie) sia per le scarse corsie di passaggio esperienziale da scuola a lavoro (ci vorrebbe una dualità alla tedesca). Si calcola che due anni aggiuntivi d’istruzione per il nostro Paese determinerebbero, a regime, una volta coperta tutta la popolazione in età lavorativa, un aumento del Pil del 20% su 50 anni, ossia in media quasi mezzo punto l’anno. Quanto alla ricerca e sviluppo (R&S) l'Italia è molto al di sotto della media Ue per tutti gli indicatori di investimenti e non raggiungerà certo quel 3% di spesa in R&S sul Pil previsto da "Europa 2020" partendo dall'attuale 1,26%. La Ue e la Uem sono al 2%, la Francia al 2,25%, la Germania al 2,84%. Tuttavia, pur con scarsi investimenti, l'Italia riesce a mantenere livelli internazionali in nicchie universitarie e accademiche nella ricerca pura e applicata. Lo stesso vale per le piccole e medie imprese che nonostante la scarsa brevettazione (le domande di brevetti per milione di abitanti sono 265 in Germania, 135 nell’Uem e in Francia, 108 nell’Ue e 73 in Italia) realizzano con l'innovazione informale i successi del "made in Italy". Ma senza più investimenti e maggiori dimensioni nella ricerca e nelle imprese non potremo reggere a lungo la competizione internazionale.
(Fonte: A. Quadrio Curzio, IlSole24Ore 20-11-2012)