Home 2012 29 Ottobre STUDENTI. LA LAUREA MA NON SEMPRE
STUDENTI. LA LAUREA MA NON SEMPRE PDF Stampa E-mail
Con una martellante campagna di «Pubblicità Progresso» occorrerebbe chiarire a giovani e rispettive famiglie che la laurea non è un lasciapassare per l'assunzione assicurata. E che se per certi indirizzi - i più difficili, in genere, e dunque i meno frequentati - quel titolo di studio è imprescindibile, per decine, centinaia di altre attività lavorative è solo un optional, quando non un insignificante «pezzo di carta». Chiarire loro, inoltre, che le credenziali autorevoli per accedere al mondo del lavoro non le rilascia solo l'Università, ma anche gli Istituti professionali che qualificano nel campo dei servizi, dell'industria e dell'artigianato. Infine, che nel mondo dello spettacolo, della creatività e della comunicazione - un mondo che agli occhi di falangi di giovani appare immancabilmente favoloso, scintillante e gratificante - c'è disponibilità solo di qualche posto in piedi. Se va bene. E che dunque è bellissimo, la fine del mondo, applicarsi a studi che piacciono in vista di un lavoro che piace. Ma la vista bisogna poi averla lunga e magari aiutarsi col binocolo per scorgere, se mai sarà, il desiato sbocco professionale. A questo proposito tornerebbe utile una semestrale informativa del governo sull'andamento del mercato del lavoro. Poi uno fa quello che vuole, siamo pur in regime di libertà (e di diritti). Ma se il mercato richiede ingegneri civili, analisti informatici, laureati in scienze statistiche o consulenti in gestione aziendale e quell'uno s’iscrive invece al corso di laurea in Etnomusicologia o in Filosofia e semiotica dell'alimentazione, poi non scenda in piazza, putacaso da disoccupato, a dimostrare contro il «sistema» che emargina i giovani rubando loro - questo è un classico della protesta - il futuro. Che come ognun sa non te lo regala lo Stato in confezione omaggio, ma ciascuno se lo deve costruire con le proprie mani, il proprio cervello, le proprie possibilità, la voglia di studiare e di lavorare.
(Fonte: P. Granzotto, Il Giornale 12-10-2012)