Home 2012 23 Agosto RAPPORTO ISTAT 2012. I CAMBIAMENTI NEL SETTORE DELL'ISTRUZIONE SUPERIORE
RAPPORTO ISTAT 2012. I CAMBIAMENTI NEL SETTORE DELL'ISTRUZIONE SUPERIORE PDF Stampa E-mail

Il Rapporto annuale 2012 dell'Istat offre un quadro dettagliato della situazione italiana degli ultimi venti anni. Per quanto riguarda il sistema universitario, fino alla riforma che nel 2000 ha introdotto il modello a cicli di studio ("Processo di Bologna") l'articolazione dei corsi era poco flessibile, il numero dei laureati era tra i più bassi d'Europa, i tassi di abbandono erano alti e la durata media degli studi era molto superiore a quella prevista dagli ordinamenti. Negli anni Novanta si era registrato una flessione delle immatricolazioni; poi, con l'attivazione dei corsi del nuovo ordinamento e l'accresciuta offerta formativa, sono aumentate le immatricolazioni fino al picco nel 2003-2004, per poi calare di nuovo. Da notare che, fin dall'inizio degli anni Novanta, le immatricolazioni femminili erano superiori a quelle maschili: nell'A.A. 2009-2010 le donne hanno rappresentato il 56,2% degli immatricolati. L'introduzione delle modifiche nell'ordinamento ha fatto aumentare i tassi di conseguimento delle lauree; infatti, pur con una flessione costante negli ultimi anni, la percentuale complessiva (ovvero, sia per le lauree triennali che a ciclo unico) è del 31,6%, contro il 19,8% del periodo pre-riforma. Nonostante il complessivo miglioramento, l'Italia è ancora lontana dall'obiettivo fissato dalla Strategia Europa 2020 che prescrive di innalzare al 40% i giovani in età 30-34 anni in possesso di un'istruzione universitaria (laurea o titolo equivalente). Nel 2010 la quota italiana era ancora al 19,8%. L'istruzione è sempre un fattore chiave di mobilità sociale e un modo per stimolare la crescita economica grazie a un migliore capitale umano, ma la classe sociale della famiglia d'origine è determinante: oggi solo il 12,5% dei figli di operai raggiunge la laurea, mentre per i figli di famiglie borghesi la percentuale sale al 40%. Anche l'abbandono scolastico è più frequente nelle classi meno elevate.
(Fonte: I. Ceccarini, rivistauniversitas.it 17-07-2012)