Home 2012 23 Agosto VALUTAZIONE. ANCORA LAMENTI CONTRO METODI VALUTATIVI STANDARDIZZATI
VALUTAZIONE. ANCORA LAMENTI CONTRO METODI VALUTATIVI STANDARDIZZATI PDF Stampa E-mail

Chi è avvezzo alla concretezza (e naviga tra scuole di business e di management, di comunicazione e conduzione aziendale, di pubblicità e marketing) assimila il mondo della ricerca a quello del pensiero unico economico-finanziario e, nell'intento di incoraggiare un sistema di premialità meritocratica, si limita a riprodurre l'ambito delle agenzie di rating. Del tutto ovvio, dunque, che consideri ogni tentativo di problematizzare la questione del merito e della valutazione insopportabile sofisma e/o pretesto dell'accademia polverosa per rallentare l'affermazione del nuovo che avanza. La valutazione della ricerca si deve fare, costi quel che costi. E tuttavia, dietro questo grande pragmatismo si cela un altrettanto grande schematismo di analisi, buono certo a catturare il consenso alla frettolosa ricerca di soluzioni facili per problemi complessi (come indirizzare le risorse al merito? Come selezionare i migliori studiosi?). L'ennesima conferma, qualora ce ne fosse bisogno, del livello spesso mediocre, quando non infimo, del discorso pubblico su università e ricerca in Italia. E, infatti, se pure si può comprendere l'utilità empirica dell'impiego di parametri oggettivi di valutazione della ricerca, bisogna avere ben chiara la grande rozzezza dei risultati che possono essere prodotti da tutte le procedure che mirano a fornire soluzioni di tipo aritmetico ad un problema che non è quantitativo, ma qualitativo e valutarne con estrema cautela gli esiti. I parametri quantitativi mantengono una loro solidità solo se un discorso complesso viene arbitrariamente semplificato: ed è una semplificazione - e un mero espediente statistico - considerare indici di citazioni, ranking di riviste e impact factor come lo strumento prioritario per valutare i singoli studiosi o gli atenei e stilarne più o meno utili e opinabili classifiche. Se l'applicazione di questi indicatori appare discutibile per le cosiddette "scienze dure", lo è, a maggior ragione, per i saperi umanistici, i più refrattari all'adozione di un sistema di misurazione oggettivo della produzione scientifica. Né è possibile (in quanto scientificamente errato oltre che palesemente contrario ad ogni buonsenso) applicare un metodo valutativo standardizzato - quello mutuato dalle scienze esatte - ad ambiti del sapere differenti, ignorando le differenze strutturali, costitutive, epistemologiche, fra i diversi campi disciplinari, nel loro diverso rapporto con le rispettive tradizioni scientifiche.
(Fonte: T. Drago, Il Manifesto 21-07-2012)