Home 2012 16 Luglio REVISIONE DELLA SPESA PUBBLICA. TASSE UNIVERSITARIE
REVISIONE DELLA SPESA PUBBLICA. TASSE UNIVERSITARIE PDF Stampa E-mail

Le università che sforano il 20 per cento (il tetto massimo di tassazione universitaria a carico degli studenti previsto dalla legge) - fra "contribuzione studentesca" e fondo di finanziamento ordinario - sono il 59 per cento - e in alcuni casi, come è avvenuto a Pavia, il giudice ha condannato l'ateneo a restituire il “maltolto” agli studenti. Ma dal prossimo anno, con l’entrata in vigore del decreto di revisione della spesa pubblica (D.L. 95, art. 7, c. 42) il conteggio della "contribuzione studentesca" sarà effettuato prendendo in considerazione soltanto quello che verseranno gli studenti italiani e comunitari iscritti entro la durata normale dei diversi corsi di studio. Non verranno conteggiate le tasse versate dai fuori corso, che oltre ad ammontare al 40 per cento del totale degli iscritti sono quelli che pagano di più. Ma non solo. Il denominatore del rapporto tasse versate dagli studenti/Fondo di finanziamento ordinario cambierà con il più favorevole "trasferimento statale", che include non più il solo finanziamento ordinario ma altre somme, ossia tutti i trasferimenti correnti come le risorse collegate ai bandi Prin (progetti di ricerca di interesse nazionale) e i fondi per l'edilizia universitaria. Limitando il conteggio delle tasse versate ai soli studenti in corso e dilatando il finanziamento complessivo sarà difficile che le università continuino a sforare il 20 per cento. E’ come se, di fatto, il rapporto tra tasse versate dagli studenti e fondo di finanziamento ordinario si alzasse dal 20 verso il 40%, sanando la posizione dei numerosi atenei “fuorilegge”. Quelli che, in anni di assottigliamento delle risorse statali, avevano sforato il limite imposto dal Dpr del 25 luglio 1997. E dunque sarà consentito un aumento delle tasse universitarie. Le università che dovessero comunque sforare saranno tenute a trasformare gli introiti "non dovuti" in borse di studio. La norma deve essere letta insieme alla nuova disciplina per il calcolo della spesa per il personale degli atenei, la quale già consentiva incrementi della tassazione ormai considerata nel budget degli atenei e perciò utilizzabile per ogni spesa. Pertanto, se fino ad oggi gli studenti potevano fare ricorso per bloccare gli atenei con tassazioni eccessive, ora l'unico vincolo per le università che sforano il 20% sarà quello di destinare dei fondi a borse di studio.
Come spiega la relazione tecnica che accompagna il provvedimento, la novità serve a uniformare la base di calcolo con quella dei costi standard per studente (in via di definizione), che prenderanno appunto in considerazione esclusivamente gli iscritti che non superano la «durata normale» dei corsi. Alla base della novità c'è però un'emergenza molto più pressante: mentre il fondo di finanziamento ordinario, dopo il picco di 7,25 miliardi del 2008, ha cominciato ad arretrare fino ai 6,8 miliardi degli ultimi due anni, le tasse hanno continuato a crescere. Risultato: nel 2011 gli atenei hanno messo a preventivo tasse universitarie sui corsi di laurea per 2,06 miliardi, cioè il 30% del fondo ordinario complessivo. Dunque, era l'intero sistema degli atenei a essere diventato «fuorilegge», spinto da 33 università (il 60% dei poli statali) che si attestano più in alto del vecchio limite di legge. Il record è stato raggiunto dall'università di Urbino, che ha chiesto ai propri studenti una somma pari al 36,6% del FFO, seguita a ruota da Bergamo (36,5%), Venezia (34,1%) e dalla Statale di Milano (31,7%). L'indicatore era cresciuto per anni tacitamente fino a che, nel novembre scorso, il Tar Lombardia ha accolto un ricorso degli studenti chiedendo all'Università di Pavia (dove lo sforamento era di 3,2 punti percentuali) di restituire agli studenti le tasse prelevate in eccesso. Una tendenza che, se generalizzata, avrebbe imposto agli atenei di rinunciare a circa 800 milioni di euro studenteschi all'anno, rendendo impossibile la quadratura dei conti.
Il provvedimento c.d. Spending review comporta in definitiva un buon grado di liberalizzazione della tassazione studentesca. E dato che la soglia della contribuzione riguarda solo “gli studenti italiani iscritti entro la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello”, è possibile che sia consentito alle università di aumentare oltre ogni tetto di legge le tasse sia agli studenti fuoricorso (145.127 ossia il 56,6 % del totale secondo l’anagrafe studenti del MIUR per l’anno 2008-2009), come ha fatto di recente la Spagna, sia agli studenti extracomunitari, tra cui quelli che non hanno accesso alla cittadinanza italiana, sebbene nati o cresciuti in Italia, figli dell’immigrazione, a causa di una norma arretrata che questo governo si era impegnato a modificare.
La revisione delle spese non riguarda solamente gli studenti. Il decreto Monti mira a un contenimento della spesa per i buoni pasto: saranno limitati a sette euro (contro i dieci attuali) e garantiti solo al personale contrattualizzato. La limitazione esclude in via definitiva i docenti universitari e gli assegnisti.
(Fonti: S. Intravaia, La Repubblica 08-07-2012; M. Sopelsa, unipd.it/ilbo 09-07-2012; G. Tr., IlSole24Ore 11-07-2012)