Home 2012 16 Luglio OSSERVAZIONI AL PROGETTO DI RIFORMA DI QUATTRO COLLEGHI
OSSERVAZIONI AL PROGETTO DI RIFORMA DI QUATTRO COLLEGHI PDF Stampa E-mail

Ha avuto risonanza la presentazione di una bozza di disegno di legge elaborata da G. Azzoni, P. Leonardi, E. Rossi e S. Semplici al fine di rivedere e rilanciare il decreto sul merito del ministro Profumo. I quattro colleghi hanno ripreso quasi per intero il testo ministeriale, innestandovi alcune proposte di esponenti del Pd e qualche soluzione originale. In primo luogo il documento propone espliciti passi verso l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Perderebbe di conseguenza significato il voto di laurea, e al tempo stesso decadrebbe l'obbligo di possedere un titolo in una classe di laurea specifica quale requisito per la partecipazione a concorsi pubblici; ci si affiderebbe invece all'iscrizione ad un albo professionale o al numero minimo dei crediti formativi universitari conseguiti «nei settori considerati essenziali». Già il ministro Profumo aveva tentato nei mesi scorsi di sondare l'opinione degli italiani su questo tema, attraverso la realizzazione di un'indagine on-line. Nonostante l'uso di un questionario giudicato dagli esperti ideologicamente fazioso, metodologicamente capzioso e con alcuni gravi vizi di forma, dalla rilevazione è emerso con chiarezza che oltre i tre quarti dei partecipanti si sono pronunciati contro l'ipotesi di abolire il valore legale del titolo di studio e il valore legale e uniforme del voto di laurea. Inoltre la bozza di disegno di legge suggerisce di abolire, di fatto, le abilitazioni nazionali, proponendo che per ciascun settore scientifico-disciplinare non vi sia un numero di abilitati maggiore del 15% del totale dei docenti in servizio nella fascia alla quale la procedura si riferisce, inclusi gli studiosi già in possesso di abilitazione e non ancora chiamati.
È del tutto evidente a chi abbia una minima conoscenza dell'andamento dei concorsi universitari che l'abilitazione si trasformerebbe, ipso facto, da controllo di idoneità e di capacità effettiva dei candidati in «valutazione comparativa».
Ancora, il documento attribuisce alle Università la possibilità di prevedere per gli assegnisti di ricerca lo svolgimento di attività didattica integrativa (in aggiunta a quella di ricerca) in misura non inferiore a 30 ore e non superiore a 60 ore per anno.
L'idea è a modo suo geniale, in un contesto nel quale non si assumono più docenti universitari e si costringono i professori di ruolo, tramite il meccanismo delle 100 ore obbligatorie di didattica frontale, a tenere corsi per i quali a volte sono scarsamente competenti. In questo modo non si pagheranno più supplenze e si potrà procrastinare all'infinito il blocco del turnover. Ma se poi non si troverà un professore minimamente competente, come fare per i corsi fondamentali? Semplice, si ricorrerà ai ricercatori a tempo determinato e agli assegnisti obbligandoli per legge a conferire didattica!
(Fonte: S. Brasini, M. Matteuzzi, G. Tassinari, Il Manifesto 02-07-2012)