Home Articoli archiviati
Studenti e lauree nell'università da rivalutare PDF Stampa E-mail
UNIVERSITA’/notizie n. 4 - 2009
Indice
Studenti e lauree nell'università da rivalutare
Pagina 2
Pagina 3
Tutte le pagine

Per tutto il secondo semestre dell’anno passato notizie sull’università in gran parte distorte da un sensazionalismo esasperato hanno avuto quasi giornaliera evidenza sulle prime pagine dei quotidiani più e meno diffusi. L’opinione pubblica martellata da questa campagna mediatica è stata indotta a convincersi di un discredito complessivo dell’istituzione. Non si può negare che fenomeni eclatanti e disgustosi di nepotismo, di assenteismo, di inettitudine e di spreco di risorse, abbiano steso un’ombra scura sull’università. Ma la generalizzazione specie nei titoli è stata una falsificazione. Si tratta invece di fenomeni che il lettore attento ha trovato confinati a una minoranza di atenei o a determinate Facoltà di alcuni atenei. Trattandosi poi di comportamenti eticamente riprovevoli (anche di chi avrebbe il dovere istituzionale di prevenirli e reprimerli), è arduo non intravedervi predisposizioni costituzionali individuali peraltro riscontrabili ovviamente anche in altri comparti delle pubbliche amministrazioni e nell’ambiente politico.
La repressione per via legislativa delle devianze è più efficace dell’incentivazione premiante i comportamenti virtuosi per riportare in certi ambienti universitari un clima più civile di tensione morale? I passati decenni hanno dimostrato che ogni tentativo di imporre un qualche meccanismo virtuoso "dall'alto" è stato aggirato da comportamenti "viziosi" dal basso. Il problema non è il meccanismo di selezione, ma il driver, cioè il premio/penalizzazione che si ha se si seleziona bene/male.
Nel contesto di quella che è stata definita una “bulimia diffamatoria” sono comparsi anche dati inesatti o superficialmente presentati con semplificazioni giornalistiche, a proposito di studenti, corsi di laurea, professori e ricerca scientifica.
Non ha contribuito al buon nome del giornalismo la mancata pubblicazione di smentite anche di quelle più documentate e autorevoli.
Non si possono difendere situazioni indifendibili. Si può tentare con il realismo di un’informazione pluralista di riequilibrare e ridimensionare ragionevolmente i fenomeni denunciati, di interpretare e revisionare dati oggetto di semplicistiche battute ad effetto.
La nota argomenta sulla base di riferimenti da fonti varie (articoli, saggi, rapporti ufficiali). Per cominciare su studenti e lauree. In seguito su docenti e ricerca.



Studenti iscritti e immatricolati

Il numero degli studenti universitari iscritti nel 1861, al momento della proclamazione dell'unità nazionale, era di circa 6.500. Nell'anno accademico 1951/52, gli studenti iscritti alle università italiane erano 226.543. Nel 1980 gli iscritti erano 1.060.000, nel 2005 erano 1.824.000. Pertanto in 25 anni il numero di studenti è aumentato del 72%, abbenchè la popolazione giovanile complessiva del paese sia diminuita di un terzo. Il numero totale degli iscritti si è stabilizzato da circa quattro anni un poco al di sopra delle 1.800.000 unità. Per il 94% frequentano atenei statali.
Nell’a. a. 2006/07 i nuovi ingressi nel sistema universitario, ossia gli studenti iscritti la prima volta ad un corso di livello universitario in un qualsiasi ateneo (il MIUR li classifica come immatricolati), sono stati 325.831 (di cui 55,5% donne), il 2,3% in meno rispetto all’anno precedente 2005/06 (331.680). Secondo il IX Rapporto del CNVSU (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario) sullo stato dell’università (1) invece il numero degli immatricolati si è attestato nell’a. a. 2006/07 su una cifra inferiore, attorno alle 308 mila unità. Nel 2007/08 il numero degli immatricolati si è attestato a 323.616, di cui 271.070 alle lauree triennali (2). Se si considera che il numero di immatricolati aveva raggiunto il massimo nell’a. a. 2003/04 con 338 mila unità, nell’ultimo quinquennio si è registrato un moderato progressivo calo.
Tuttavia, a fronte del suddetto recente lieve calo degli immatricolati, è giusto rilevare che gli iscritti in corso sono aumentati da 929.112 (1999-2000) a 1.048.341 (2006-07). Inoltre i nostri studenti manifestano, rispetto agli altri Paesi, una notevole propensione verso gli studi accademici. Il tasso netto di accesso all’istruzione universitaria (56%) è, infatti, superiore alla media OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) (54%) ed è stato il più alto (nel 2005) in Europa dopo la Finlandia (73%) e risulta più elevato del Giappone (41%) (3).

Proporzione maturi/immatricolati e immatricolati/19enni

Consideriamo solo i giovani che conseguono il diploma di scuola secondaria di secondo grado (ex scuola media superiore). Mentre nel 1980 erano il 38% a iscriversi all’università, la proporzione maturi/iscritti (immatricolati) è aumentata dapprima in modo significativo in coincidenza con l’introduzione del nuovo ordinamento, ma poi è tornata al livello pre-riforma. Infatti, i maturi che s’immatricolano sono passati dal 63,9% nel 2000 al 70,1% nel 2001, al 74,5% circa nel 2002, per poi diminuire lentamente dall’a. a. 2003/04 fino al 72,6% nel 2005/06 ed abbassarsi ulteriormente al 68,5% nel 2006/07. Comunque, come si vede, complessivamente la quota di maturi che si immatricola all’università non varia molto dal 2000, e, pur con qualche modesta oscillazione, tende a livelli un poco più elevati (4,6% in più dal 2000 al 2006).
Dopo anni di continuo aumento, una notevole diminuzione ha subìto, nell’ultimo anno esaminato (2006/07), il rapporto fra il numero di immatricolati e quello dei 19enni, ossia di coloro che hanno l’età “normale” per iscriversi all’università. Il rapporto, che nell’a. a. 2000/01 era di circa 45 immatricolati ogni 100 19enni, è balzato al 51% nell’a. a. 2001/02, anno di avvio della riforma. La crescita è proseguita, con un ritmo più lento ma costante, fino a oltre il 56% nel 2005/06. Nel 2006/07 tale valore è diminuito attestandosi a 53 immatricolati ogni 100 19enni. Il CNVSU precisa che la diminuzione deriva dalla diminuzione del numero degli immatricolati e dal contestuale lieve aumento dei 19enni nell’ultimo anno considerato. La diminuzione del rapporto immatricolati/19enni avviene nonostante l’aumento della quota di maturi sui 19enni. Infatti, è in continuo aumento la proporzione di giovani che ottengono un titolo di scuola secondaria di secondo grado: era il 73% nel 2001 e supera il 77% nel 2005 e nel 2006.

Mobilità territoriale

Gli studenti universitari italiani mostrano una scarsa mobilità territoriale. Infatti, nel complesso, nell’a. a. 2006/07 il 79,6% degli immatricolati  ha scelto di iniziare il proprio percorso formativo nella stessa regione di residenza; questa percentuale pur con alcune fluttuazioni è negli ultimi anni sostanzialmente stabile intorno all’80%. Quando si misura la capacità di attrazione degli atenei per ripartizione territoriale, si evidenzia che nel Nord Est la percentuale di immatricolati fuori sede è del 25,8%, con una larga partecipazione di studenti del Mezzogiorno e di quelli provenienti dall'Estero. Al Centro è pari al 29,4% e al Sud si attesta solo al 5%.
In Abruzzo, Emilia Romagna ed Umbria vi sono i corsi di laurea con una maggiore percentuale di immatricolati provenienti da altre regioni. In tali corsi la percentuale di immatricolati provenienti da altre regioni risulta essere, rispettivamente, pari al 49,7%, 45,3% e 44,7%. Per quanto riguarda invece i flussi in uscita, la regione con indice di migrazione più elevato è la Basilicata. Questa regione però risulta anche essere attraente, con il 21,2% di immatricolati provenienti da altre regioni, seconda nel Sud solo all’Abruzzo, seguita dal Molise e dalla Calabria, mentre quelle con indice di migrazione più basso sono il Lazio, la Toscana e l'Emilia-Romagna.

Mobilità internazionale

Nel 2006, su un totale di 2,9 milioni di studenti stranieri che hanno scelto di trascorrere un anno di formazione all’estero, molto pochi hanno deciso di venire in Italia. Meta preferita per gli studenti continuano a essere gli Stati Uniti con il 20% delle preferenze, seguiti da Gran Bretagna, 11,3%, Germania, 8,9%, Francia, 8,5% e Australia, 6,3%. L’Italia, come la Spagna, si deve accontentare, dell’1,7%, dato in calo rispetto al precedente rapporto OCSE che segnava un 1,9%. Per quanto riguarda gli immatricolati di nazionalità straniera nell’a. a. 2006/07, essi sono stati in totale 10.543 (pari al 3,4% del totale) e si distribuiscono tra Nord-Ovest (29,1%), Nord-Est (30,4%) e Centro (31,5%), il rimanente 10% si distribuisce tra Sud e Isole.
Altre fonti di dati spiegano che l’Italia conta 7 studenti stranieri ogni 10.000 abitanti, mentre sono 20 in Germania e 39 in Francia. Abbiamo il 2% di studenti stranieri sul totale degli iscritti all’università, contro il 2,5% della Spagna, e il 12,5% della Germania. In Italia tuttavia vi sono casi particolari di forte attrazione di studenti stranieri. Ad esempio alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa gli studenti stranieri sono il 17,5% (4). Alla Bocconi di Milano l’11% degli iscritti è di provenienza straniera (Cina, Est Europa, Turchia).
L’Italia è l’unico Paese sviluppato in cui il numero degli studenti che emigra verso università straniere è superiore al numero di quelli che accoglie: un saldo negativo di 4.251 studenti secondo l’ultima rilevazione comparativa disponibile; contro un saldo positivo di 198.469 della Germania, di 180.356 della Francia e anche della concorrenziale Spagna, che segna un più 14.127. Per considerare solo i Paesi non anglofoni. Tuttavia, nel corso dell’a. a. 2006/07 si è registrato un passo in avanti della mobilità internazionale degli studenti italiani (compresi i dottorandi), che ha visto un aumento rispetto all’a. a. precedente (+11%), mentre il numero di studenti in entrata è rimasto pressoché invariato. Di conseguenza ne è derivata una caduta (da 90,7% a 84,5%) del rapporto studenti entrata/uscita. Tale  scarsa attrazione internazionale del nostro sistema universitario è in gran parte da attribuire a problemi di conoscenza della lingua italiana dato che nei corsi di insegnamento è quella che si utilizza quasi esclusivamente, salvo eccezioni che peraltro son fortunatamente in aumento.
Le aree di studio che registrano più elevati flussi di mobilità sia in uscita che in entrata sono quelle ad indirizzo economico, linguistico - filologico, sociale e tecnologico. I flussi più bassi si registrano invece nelle aree della geografia-geologia, delle scienze agrarie e della formazione degli insegnanti. Le aree di studio che riescono ad attirare un numero di studenti stranieri superiore al numero degli studenti in uscita (% studenti in entrata/studenti in uscita) sono quelle dell’istruzione e formazione degli insegnanti (128,8%), delle scienze umanistiche (118,6%) e delle scienze agrarie (115,7%).
Nel dottorato, dove la mobilità internazionale dovrebbe essere più elevata, la differenza con altri Paesi è ancora più grande: solo il 2% di studenti stranieri in Italia, contro il 6% in Portogallo, e il 35% in Gran Bretagna. Ma anche nel dottorato vi sono in Italia delle eccezioni. Ne fornisce di nuovo un esempio la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, dove all’apertura dei corsi per l'anno accademico 2008-09  il 34% degli iscritti ai corsi di perfezionamento e di dottorato non è italiano.
Nonostante la scarsa affluenza, non è carente la disponibilità ad accogliere studenti dall’estero: nell’anno accademico 2006-07, erano a disposizione 41.351 posti per studenti stranieri da parte delle università italiane, ma solo 10.778 hanno trovato un pretendente.