Home 2012 16 Luglio HIGHER EDUCATION IN THE CENTURY: GLOBAL CHALLENGES AND INNOVATIVE IDEAS
HIGHER EDUCATION IN THE CENTURY: GLOBAL CHALLENGES AND INNOVATIVE IDEAS PDF Stampa E-mail

Curatori: Philip G. Altbach e Patti McGill Peterson. Ed. Boston College, pp.197. 2007.
L’insegnamento superiore è ormai una vera e propria industria: qualità e accessibilità sono elementi determinanti per il buon posizionamento delle istituzioni nello scenario internazionale. Secondo Philip Altbach – curatore del volume e direttore del Center for International Higher Education del Boston College – in questo scenario sono indispensabili misure capaci di assicurare il mantenimento della qualità delle funzioni universitarie e la fruizione generalizzata della formazione altamente qualificata.
Sul piano quantitativo, nel ventennio 1975-1995 l’utenza universitaria è passata da 40 a 80 milioni di unità; la Cina, pur accogliendo finora negli atenei solo il 20% dei giovani in età di compiere gli studi superiori, attualmente ha il sistema post-secondario più affollato (più di 17 milioni di universitari). Situazione analoga in India, dove, con una scolarità post secondaria inferiore al 10% della corrispondente fascia di età, è stata già raggiunta la quota di 10 milioni di iscritti, mentre sono in atto piani nazionali per elevare il tasso al 15% entro il 2015. Sul piano dell’equità dell’accesso, non è senza conseguenze la decisione di addossare tutto o parte del costo della formazione superiore ai singoli fruitori, anziché, come avvenuto finora, alla collettività in considerazione dei vantaggi sociali che ne derivano. Sullo stesso piano si posiziona il rapporto tra la ricerca di base e quella finalizzata. Secondo gli autori, sta prendendo piede un nuovo modello, quello dell’Emerging Global Model (EGM), caratterizzato dai forti legami tra le università più produttive al mondo nel campo della ricerca scientifica. In tale ottica vengono adottate strategie comuni per l’acquisizione e la gestione dei finanziamenti e per attrarre i migliori cervelli, oltre ad aprire proprie sedi nei Paesi emergenti, esportando il sistema universitario occidentale. Riducendo la dipendenza dai contributi pubblici, si affievolisce gradualmente il controllo dei singoli Stati a favore di un dialogo transnazionale, che tende a favorire il gruppo degli English-language countries, ovvero delle comunità di docenti e studenti accomunate dall’uso della lingua inglese e da una ricca produzione di lavori scientifici, pubblicati sulle riviste internazionali: ovvero un’élite di atenei che risponde alla globalizzazione con l’attrattività e la competizione.
(Fonte: M.L. Marino, rivistauniversitas 20-06-2012)