Home 2012 25 Giugno RICERCA. PROSPETTIVE PER I PRECARI DELLA RICERCA
RICERCA. PROSPETTIVE PER I PRECARI DELLA RICERCA PDF Stampa E-mail

Riportiamo la sintesi di un’indagine dell’Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca Italiani (ADI) sull’entità del precariato nell’università, sulla sua evoluzione negli anni scorsi e sui possibili sviluppi nei prossimi anni.
Con la riforma Gelmini sono state abolite, per quello che riguarda gli incarichi di ricerca, le borse di studio, le borse postdoc e i co.co.co. Dunque  accanto ai ricercatori a tempo determinato sono consentiti gli assegni di ricerca. Facendo una ricerca nel nuovo sito dell’ufficio di statistica del MIUR (link1 e link2) troviamo (al 10.5.2012) la seguente situazione: Assegni di ricerca 13297. Ricercatori a tempo determinato(*) 1037. Totale 14334. *Il nuovo sistema ancora non riconosce la differenza fra ricercatori a tempo determinato di tipo a e b (RTDa e RTDb). Dunque dai 34590 al 2010 si passa all’attuale 14334 con un calo del 25% degli assegni di ricerca, un calo del 16% (200 unità) dei ricercatori a tempo determinato ed una soppressione delle altre tipologie contrattuali (borse di studio, borse postdoc, contratti co.co.co superiori a 6 mesi). Tra la fine del 2010  e l’inizio del 2012 mancano all’appello 22356 precari della ricerca con diversi tipi di contratti temporanei ovvero il 60% del totale nel 2010. Tra questi vi sono sicuramente coloro che già avevano finito sia il dottorato che un assegno di ricerca (che in genere viene conseguito dopo aver fatto il dottorato). Si tratta dunque di studiosi con anni d’esperienza alle spalle. Certamente non tutti vogliono proseguire nella carriera accademica ma confrontando i dati per anni precedenti al 2010 troviamo sempre numeri dello stesso ordine di quelli del 2010. La grande differenza si nota solo dal 2010 ad oggi. Dove sono dunque finiti i 20000 mancanti? Passiamo ora agli scenari futuri per quanto riguarda le possibilità d’inserimento nei ruoli stabili dell’università data l’attuale normativa vigente. In uno scenario ottimista per il prossimo triennio saranno banditi 500 RTDb all’anno (che noi considereremo, ancora ottimisticamente, come tutti realmente tenure-track, ovvero che porteranno all’inserimento come professore associato dopo previsti i tre anni di prova).  Non è tuttavia possibile prevedere il numero RTDa che verranno banditi in quanto questi possono utilizzare fondi non ministeriali. Manteniamo l’ipotesi di 500 RTDb all’anno ma consideriamo però che sia inverosimile l’ipotesi che tutti gli assegnisti possano ottenere dopo 4 anni un RTDa. A differenza del calcolo precedente, chi non ottiene un RTDa dopo  ma dopo soli 4, e no dopo 9 non può trovare più una posizione né temporanea né permanente all’università. Per fare un calcolo di quanti sarebbero espulsi alla fine del “percorso assegno” (e quindi senza nessuna tutela di welfare)  bisogna necessariamente fare delle ipotesi in qualche modo arbitrarie. La nostra ipotesi di buon senso  è che il rapporto RTDa/RTDb si possa considerare vicino a 3/1, che porterebbe ogni anno all’attivazione di 1500 RTDa. Utilizzando la regola (c), dunque, possiamo calcolare che dopo 4 anni sarebbero espulse 8000 persone. Per i restanti RTDa (6000) (data l’ipotesi 3:1) la probabilità di reclutamento sarebbe di 1/3: altre 4000 persone non troverebbero più nessuna posizione. In questo scenario quindi dei circa 14000 precari della ricerca attualmente presenti nell’università italiana, ben 12000 ovvero l’85% non troverebbero più nessuna posizione.  Fin qui abbiamo parlato di cifre di precari utilizzando i dati del Ministero. Al di là dei dati ufficiali, chi ha il polso della situazione dentro l’università intuisce che i precari della ricerca si aggirano almeno attorno alla cifra di 30000 in quanto una parte di questi sono mascherati come docenti a contratto, cultori della materia nel tempo libero e purtroppo lavoratori in nero. Inoltre crediamo che gli oltre  20.000 a cui non è stato rinnovato il contratto dal Dicembre 2010 non sono andati molto lontano con una disoccupazione giovanile al 31,9%.  In queste condizioni le stime presentate sopra peggiorano di molto e la possibilità di trovare un lavoro stabile nell’università diventa un miraggio per la maggior parte degli attuali precari della ricerca.
(Fonte: F. Vitucci e S. Bolognani, roars)