Home 2012 25 Giugno FUORICORSO E SALARI PIÙ BASSI
FUORICORSO E SALARI PIÙ BASSI PDF Stampa E-mail

Gli anni di ritardo nel laurearsi aumentano la probabilità di essere overeducated e nel contempo determinano salari più bassi. In particolare, l’effetto dell’essersi laureato con oltre tre anni di ritardo raddoppia il rischio medio di svolgere un lavoro che non richieda la laurea e comporta una retribuzione salariale di circa il 17 per cento inferiore a quella di chi ha completato gli studi universitari nei termini previsti. Il ritardo alla laurea è un fenomeno assai comune fra i laureati italiani e persistente nel tempo. L’esistenza di una penalità salariale associata al fuoricorsismo può dunque contribuire alle spiegazioni esistenti dei bassi rendimenti dell’istruzione tipici dell’Italia, arricchendo in particolare quelle dal lato dell’offerta. In altri termini, secondo questa interpretazione, i bassi rendimenti dell’istruzione terziaria sarebbero in parte una conseguenza della sua bassa qualità e dell’inefficienza del sistema d’istruzione nel generare un’offerta di capitale umano – nella quantità e qualità – che sia effettivamente richiesta dal mercato del lavoro. Ciò fa sì che il mercato remuneri meno di quanto potrebbe questo capitale umano.
I risultati dell’indagine degli autori dell’articolo suggeriscono che gli anni persi all’università sono sostanzialmente inefficienti, in quanto non accrescono la dotazione di capitale umano né tantomeno le performance nel mercato del lavoro. La ragione risiede probabilmente nel fatto che quando si ritarda la laurea (e non perché si stia svolgendo in contemporanea un’attività lavorativa), non c’è alcuna garanzia che quegli anni siano stati spesi studiando e approfondendo ulteriormente i concetti relativi alle varie discipline oggetto del corso di studi prescelto, ovvero aumentando il proprio capitale umano. In effetti, la gran parte degli studenti cerca di superare l’esame ripetuto anche quando presenta ancora marcate lacune nella preparazione, semplicemente perché si attende che i professori li promuovano dopo averli riprovati già un certo numero di volte.
Tutto ciò suggerisce che la rimozione o almeno una riduzione significativa dei fuoricorso consentirebbe un miglioramento per tutti, sia all’interno del sistema universitario sia nel mercato del lavoro. Proviamo a suggerire alcune regole che potrebbero ridurre il fenomeno del fuoricorsismo senza alterare la qualità della formazione universitaria: a) stabilire un limite al numero di volte in cui si può sostenere un esame; b) calibrare il programma degli esami in base a oggettive considerazioni in merito alla possibilità dello studente di poterlo preparare nei termini previsti; c) dare la possibilità al docente di assegnare un pass, ovvero un voto inferiore alla sufficienza in caso di bocciature ripetute; d) consentire la bocciatura dell’intero percorso (e quindi impedire di laurearsi) se la media dei voti finale non raggiunge la sufficienza oppure se c’è un numero troppo alto di pass.
(Fonte: C. Aina     e F. Pastore, lavoce.info 19-06-2012)