Home 2012 12 Maggio RICERCA E SVILUPPO. INVESTIMENTI IN CALO
RICERCA E SVILUPPO. INVESTIMENTI IN CALO PDF Stampa E-mail

L'Europa nelle sue ultime pagelle del febbraio scorso ci definisce, con gentile eufemismo, degli innovatori «moderati». In pratica nell'Ue siamo al sedicesimo posto - in base a 25 indicatori (dalla spesa al numero dei ricercatori fino ai brevetti) - in compagnia di Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Ungheria, Grecia, Malta, Slovacchia e Polonia. Ma il dato che fa capire come alla politica dei proclami sull'importanza della ricerca non seguano purtroppo i fatti è l'ultima rilevazione ufficiale dell'Istat sulle spese in R&S. Secondo i dati disponibili a fine dicembre scorso non solo il livello complessivo di spesa che l'Italia impegna in ricerca e sviluppo - circa l'1,3% del prodotto interno lordo - non aumenta. Ma nel 2011 è addirittura in calo. Se nel 2009 la spesa sostenuta da imprese, istituzioni, enti non profit e università è stata di 19,2 miliardi (l'1,26% del Pil, stabile rispetto al 2008), nel 2010 è aumentata lievemente dell'1,7 per cento. Per l'anno scorso, secondo l'istituto, è prevista, invece, «una diminuzione della spesa sia delle istituzioni pubbliche sia delle imprese». Insomma, segnali d’inversione di tendenza - almeno a livello di spesa - non ci sono. Resta dunque lontanissima la pattuglia dei "leader" Ue dell'innovazione formata da Danimarca, Germania e Finlandia, dove si è già raggiunto l'obiettivo del 3% del Pil degli investimenti in ricerca rinviato da Bruxelles al 2020. Ma restano lontani anche i Paesi «inseguitori» - Belgio, Regno Unito, Olanda, Austria, Lussemburgo, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia - che contano un grado di innovazione "vicino" alla media Ue del 2 per cento.
A pesare sul trend negativo italiano è il calo dei fondi pubblici che nel 2011 sono stati 8,9 miliardi, «con un'evidente riduzione di disponibilità - scrive l'Istat - rispetto agli anni più recenti (9,5 miliardi nel 2010 e 9,8 nel 2009)». Le imprese investono oltre 10 miliardi (il 53,3% del totale nazionale), ma - e qui è l'altra debolezza italiana - ben il 70,4% degli investimenti arriva dalle grandi imprese (oltre 500 addetti). Mentre resta bassa l'incidenza delle medie (20,1%) e delle piccole (9,4%).
(Fonte:  Mar. B., IlSole24Ore 04-05-2012)