Home 2012 29 Marzo MALEDETTA UNIVERSITÀ. FANTASIE E REALTÀ SUL SISTEMA DELLA RICERCA IN ITALIA
MALEDETTA UNIVERSITÀ. FANTASIE E REALTÀ SUL SISTEMA DELLA RICERCA IN ITALIA PDF Stampa E-mail

Sono solo luoghi comuni quelli sull’università italiana? Se non altro sono troppi, secondo il professor Francesco Coniglione che li smonta nel suo ultimo libro, “Maledetta Università”, editore Di Girolamo 2011. Per sfatare i falsi miti Coniglione non si serve di strumenti segreti, noti a lui solo. Mette insieme dati ufficiali, presenti anche sul web e quindi accessibili a tutti. L’ha sottolineato Pinella Leocata, che ha sintetizzato in modo brillante le convinzioni pregiudiziali smascherate nel libro. Eccole.
• Le università italiane sono squalificate. Lo smentiscono i dati: la Statale di Milano si colloca tra le cento migliori università del mondo e ne troviamo 6 tra le prime duecento.
• Le scienze in Italia sono trascurate. Quest’assunto è contraddetto dalle eccellenze presenti nelle facoltà scientifiche di molte università italiane.
• Le università private sono migliori di quelle pubbliche. Nessuna università privata italiana si colloca tra le prime 500 del mondo.
• I ricercatori italiani producono poco. Saranno pochi e mal pagati ma sono all’ottavo posto nel mondo. Se pochi li conoscono e li citano forse il motivo sta nella scarsa internazionalizzazione del nostro paese.
E ancora:
• Il nostro paese deve adeguarsi al modello americano, l’università deve spostarsi verso il finanziamento dei privati piuttosto che vivere dei finanziamenti pubblici. E qui i dati sono tali da ribaltare tutte le nostre presunte certezze. Negli USA, infatti, è il governo federale a farsi carico del 60% delle spese per l’università. I governi locali ne sostengono il 7%, lasciando che ogni singola università cerchi il restante 20% dei finanziamenti. Solo il 6% dei costi è sostenuto dalle industrie private.
• Come se non bastasse, la ricerca di Coniglione ci chiarisce che negli Stati Uniti il 75% degli interventi dello stato vanno non, come potremmo aspettarci, alla ricerca applicata, ma alla ricerca di base, senza trascurare l’indirizzo umanistico e rivelando un’idea lungimirante della qualità del sapere: lo sviluppo culturale nasce, infatti, da un sapere raffinato e interconnesso.
Perché allora è ormai corrente un giudizio negativo sulla nostra università? La risposta dell’autore è che sono stati i mass media a sottolineare soprattutto le caratteristiche peggiori di questa istituzione, enfatizzando elementi negativi e scandalistici e offrendo, di fatto, una sponda alla miope scelta politica dei tagli.
(Fonte)