Home 2012 18 Marzo RECLUTAMENTO. CHIAMATE DIRETTE IN AUMENTO. UN RECLUTAMENTO ALTERNATIVO ALL’ABILITAZIONE SCIENTIFICA
RECLUTAMENTO. CHIAMATE DIRETTE IN AUMENTO. UN RECLUTAMENTO ALTERNATIVO ALL’ABILITAZIONE SCIENTIFICA PDF Stampa E-mail

Il meccanismo della “chiamata diretta” si complica, e inizia a porre problemi dalla sua modifica nel 2009 (con il d.l. 10-11-2008, convertito con modifiche dalla legge 9-01-2009, n.1, proprio il decreto per “la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario”) e quindi, soprattutto, in seguito ai ritocchi operati dalla legge 240/10 (art. 29, comma 7). Ne discende un “congegno” complicato e confuso, del quale appaiono ora chiari effetti e potenzialità, come dimostra il fatto (lamentato dal CUN in una recente mozione del gennaio 2012) “che gli Atenei stanno inoltrando ai competenti uffici del Ministero un ampio e crescente numero di proposte di chiamata diretta (a oggi ne sono pervenute più di 80), stimolati in questo anche dalle regole finanziarie incluse nella gestione del Fondo di Finanziamento Ordinario, e che tale numero evidenzia come l’istituto della chiamata diretta stia assumendo un peso di rilievo nelle procedure di reclutamento, sino a configurarsi come un secondo canale, caratterizzato però da relativa indeterminatezza di procedure”.
Alla luce dei diversi interventi di modifica, la chiamata diretta risulta prevista in due ipotesi solo a prima vista assimilabili: a) la chiamata come professori ordinari di studiosi “di chiara fama”; b) la chiamata, come professori ordinari, associati o ricercatori di soggetti che abbiano variamente svolto attività all’estero o siano stati coinvolti in progetti, comunitari e non, “di grande rilevanza”. Da notare, in particolare, che la legge 240 nell’assoggettare le due (distinte) ipotesi alla medesima procedura, ha non solo esteso il campo di applicazione dell’istituto delle chiamate dirette, ma ridotto lo spazio di manovra del CUN nella seconda ipotesi, poiché “attribuisce al CUN il solo potere di nomina di una commissione composta di tre professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare interessato”.
Il primo problema è che le categorie (diverse da quelle dei “professori di chiara fama” cui è astrattamente applicabile una normativa inizialmente sorta per favorire in primis il “rientro dei cervelli”) risultano ampie, vaghe, quasi indeterminate: infatti, ai sensi della legge, le università possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di tre sub-categorie di studiosi: [a] studiosi “stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere”; [b] studiosi “che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nell’ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata”; [c] studiosi “che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del MIUR, sentiti l’ANVUR e il CUN, finanziati dall’Unione europea o dal MIUR”. Un’ipotesi, questa, introdotta dalla legge 240/10 e specificata da un DM dell’1 luglio 2011, che identifica appunto i programmi la partecipazione ai quali legittima il ricorso all’istituto della chiamata diretta. Un’ipotesi rilevante: nell’indeterminatezza della norma, è, di fatto, al citato DM che è affidato il compito di circoscrivere, e specificare, il campo di applicazione di questa forma atipica di “rientro” di cervelli potenzialmente mai usciti dal territorio nazionale, altrimenti valida sia per reclutare sia per “promuovere” professori e ricercatori coinvolti in progetti di “alta qualificazione” (FIRB Ideas e Futuro in ricerca ma soprattutto alcuni progetti comunitari).
Quanto ai dubbi, il CUN ne evidenzia almeno sei, dalla fattispecie in cui il programma di ricerca indicato non è chiaramente riconducibile, per arrivare a quella per cui “la chiamata si configura come progressione di carriera di personale docente che è già nei ruoli dell’Università configurando in tal modo un canale alternativo all’abilitazione nazionale di recente introduzione”.
A chi compete l’istruttoria, ossia valutare se ci si trovi in presenza dei presupposti previsti dalla normativa per l’applicazione dell’istituto della chiamata diretta: al MIUR, al CUN o alle sole commissioni? Il soggetto meglio deputato a operare questo vaglio di “valutabilità” della proposta appare il CUN, a garanzia di uniformità di interpretazione e al fine di assicurare standard minimi, ma la questione al momento (e in assenza una migliore regolamentazione di queste procedure) appare rimessa essenzialmente alle commissioni, che quindi si trovano a disporre non solo di una discrezionalità straordinariamente ampia se confrontata ai criteri e parametri di valutazione, stringenti, previsti per le procedure ordinarie di abilitazione.
(Fonte: E. Carloni, roars 06-03-2012)