Home 2012 10 Gennaio NEW YORK. MOSTRA ITINERANTE SUI «150 ANNI DI GENIO ITALIANO»
NEW YORK. MOSTRA ITINERANTE SUI «150 ANNI DI GENIO ITALIANO» PDF Stampa E-mail
All'Istituto italiano di cultura di New York è stata allestita la mostra itinerante sui «150 anni di genio italiano», portata negli Stati Uniti dal direttore del centro, Riccardo Viale, «per dimostrare che l’Italia non è solo arte e cultura umanistica, ma anche tradizione scientifica e tecnologica, ben oltre Leonardo e Galileo». Si celebra un passato glorioso - dal Nobel per la chimica Giulio Natta a Adriano Olivetti - ma Mario Baldi, docente del Politecnico di Torino «prestato» all’industria informatica californiana, contesta l’immagine di un'Italia disarmata davanti alle nuove tecnologie, priva di università di rango. «Non è vero», spiega, «almeno per quanto riguarda gli istituti d'eccellenza come i Politecnici di Milano e Torino, o l'università di Bologna. I loro laureati valgono quanto se non più di quelli delle grandi accademie americane». Baldi ammette che quello delle selezioni della sua azienda è un confronto non omogeneo: «I migliori di Stanford magari non vengono da noi: hanno nel mirino Google ed Apple. Ma queste sono accademie che si vantano di produrre solo laureati eccellenti. E non è vero. Sono solo più determinati. E poi chi viene da un'università "blasonata" gode di un pregiudizio favorevole, mentre magari il laureato di un Politecnico poco noto non viene nemmeno convocato per un colloquio. Né è vero che i laboratori accademici italiani siano modesti: quelli della Columbia e di Berkley, che conosco bene, non sono certo strepitosi». Il «contropiede» di Baldi colpisce perché questo professore-imprenditore - figura pressoché sconosciuta in Italia ma comune negli Usa - non mette sotto accusa lo Stato che non modernizza l'università o le imprese che non investono abbastanza in ricerca («anche l’America ha frenato»), ma la cultura accademica: «Pensa che per me, oggi, sarebbe facile tornare al Politecnico? Anche da noi ci sono il venture capital e gli strumenti giuridici che consentono al docente di fare attività d'impresa. Ma usarli non è un titolo di merito come qui».
(Fonte: M. Gaggi, Corsera 30-12-2011)