Home 2011 7 Ottobre Valutazione. Come deve essere imparziale
Valutazione. Come deve essere imparziale PDF Stampa E-mail
Nel mondo accademico, da qualche tempo e da più parti si sottolinea con forza come i criteri di valutazione delle pubblicazioni formulati dall’ANVUR (l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) siano troppo astratti e “brutali”, soprattutto se applicati alle discipline umanistiche. Quantità di citazioni (il cosiddetto impact factor), presenza o meno delle riviste in elenchi internazionali compilati in base a criteri discutibili e talora poco chiari, maggiore importanza attribuita ai lavori redatti in lingue straniere (a prescindere dalla loro ampiezza e dal loro impegno): tutti parametri, si dice, che forse possono funzionare per gli scienziati, ma che certo sono impropri in ambito umanistico, dove capita spesso che lavori serissimi siano poco citati, che riviste serissime facciano fatica a rispettare certi requisiti formali (la puntualità delle uscite, ad esempio, o la presenza nella maggior parte delle principali biblioteche internazionali), che le riviste e le case editrici più qualificate siano italiane e pubblichino prevalentemente in italiano. Tutto ciò, almeno in parte, è vero; ma non è chiaro quale possa essere l’alternativa. Infatti, ove non si voglia difendere l’ormai indifendibile diritto a non essere valutati (e a non far dipendere dalla valutazione stipendi, carriere, finanziamenti), dovrebbe essere evidente che una valutazione davvero imparziale non può entrare nel merito di ciò che si pubblica, non può, in altre parole, formulare giudizi di valore previa lettura analitica delle pubblicazioni. La valutazione di merito deve essere eseguita a monte, da riviste e case editrici che adottino seriamente il metodo della peer-review, svolgendo una funzione di filtro che non può spettare a un organismo nazionale e che pertanto questo organismo nazionale non può non prendere per buona.
(Fonte: F. Bausi, rivistailmulino.it 22-09-2011)