Home 2011 7 Ottobre Valutazione. La bibliometria e la lingua straniera
Valutazione. La bibliometria e la lingua straniera PDF Stampa E-mail
C’è modo e modo di parlare di valutazione. Dovrebbero, per cominciare, parlarne solo quelli che, per riconosciuta esperienza diretta, ne capiscono qualcosa: invece, purtroppo, così non è. Perché vi sono punti che nel resto del mondo - il mondo che culturalmente conta, naturalmente - non sono nemmeno più discussi, e che qui da noi, invece, sono puntualmente ripresentati come nuove scoperte . Prendiamo la vexata quaestio degli indici bibliometrici: chiunque abbia avuto o abbia dimestichezza con il mondo d’oltre confine ne conosce i limiti e sa come evitarli (prendiamo ad esempio la sempre ripresentata storia delle citazioni negative o delle autocitazioni) ma sa anche che solo da quando gli indici bibliometrici sono applicati si dispone di un metodo razionale per valutare la produttività dei soggetti. Difetti quanti se ne vuole, certo, ma da noi prevale spesso - oh, quanto spesso - il suggerimento di gettare il bambino con l’acqua sporca. E vedi caso, sono quasi sempre suggerimenti da parte di chi agli indici bibliometrici risulta oltremodo scarso…Ricordate la famosa battuta sul “potere che logora chi non ce l’ha”? E non solo: spessissimo si sentono accorate grida di dolore per la tendenza suicida a privilegiare l’inglese dimenticando la lingua italiana. Qui occorre intendersi: se la valutazione è finalizzata, che so, a ricoprire una cattedra di Filologia Romanza, è ovvio che si dovranno applicare indici limitati all’italiano.
(Fonte: E. Carafoli, scienzainrete.it  23-09-2011)