Home 2011 7 Ottobre “Toxic” e “Safe Teachers”
“Toxic” e “Safe Teachers” PDF Stampa E-mail

È passata quasi inosservata la decisione estiva del Governo, in continuità con quelli precedenti, di stabilizzare 30mila insegnanti precari (e 37mila Ata, ossia bidelli e assistenti amministrativi) senza alcuna selezione volta a verificare la loro effettiva capacità d’insegnare (o pulire e gestire le scuole) e solo sulla base della loro posizione nelle cosiddette “graduatorie a esaurimento”, determinate soprattutto dall’anzianità e non dal merito. Da circa dieci anni, la scuola italiana non cerca più di assumere i migliori neolaureati ma pesca in queste graduatorie coloro che, dopo aver ottenuto un’abilitazione anche in tempi remoti e nei modi più strani, hanno preferito sottoporsi a una lunga gavetta in attesa di un mal pagato posto fisso, piuttosto che tentare altre strade professionali.
Continuando in questo modo, non può che aumentare nel nostro Paese il numero di chi sceglie l’insegnamento solo per ripiego e mancanza di alternative. Chiedete a un preside qual è la sua preoccupazione in questi giorni in cui si formano le sezioni prima dell’inizio dell’anno scolastico. Il dirigente deve sistemare gli insegnanti peggiori in modo che facciano meno danni possibili, affiancandoli ai docenti bravi per creare un mix di “toxic” e “safe teachers” che non provochi troppe proteste tra le famiglie e gli studenti. Oggi la scuola ha bisogno di attrarre i migliori laureati alla carriera d’insegnante, e per farlo è necessario interrompere il circolo vizioso del precariato seguito dalle stabilizzazioni senza selezione. C’è un unico modo credibile per farlo: abolire i concorsi pubblici nazionali e dare autonomia alle scuole che devono essere libere di assumere gli insegnanti preferiti, pagandoli quanto meritano, e di mandare via quelli di cui non hanno bisogno o che non sanno fare il loro mestiere. Se i sindacati pensano che questo sia iniquo per i lavoratori, abbiano il coraggio di spiegarlo agli studenti delle famiglie meno abbienti. I ricchi, lo sappiamo, una soluzione la trovano sempre: sono i poveri a pagare il costo di un insegnante che non sa fare il suo mestiere.
(Fonte: A. Ichino, Il Sole 24 Ore 13-09-2011)