Home 2011 12 Agosto Docenti di fisica e docenti di economia. Due ricerche sulle loro pubblicazioni di qualità
Docenti di fisica e docenti di economia. Due ricerche sulle loro pubblicazioni di qualità PDF Stampa E-mail

Siamo andati a cercare dei numeri che in qualche modo possono illustrare direttamente la “qualità” d’alcune discipline in Italia. Abbiamo trovato due ricerche: la prima riguarda i docenti di fisica e la seconda i docenti di economia. E’ interessante vedere cosa s’impara da questi dati. La prima ricerca è stata eseguita da Paolo Rossi, fisico dell’Università di Pisa, che ha raccolto gli H-index dei fisici italiani (professori ordinari, associati e ricercatori: circa 3000 unità al 2007). Ricordiamo che un ricercatore ha H-index pari, ad esempio, a 10 se le sue 10 pubblicazioni più citate hanno ognuna 10 o più citazioni e le altre pubblicazioni hanno un minor numero di citazioni.  L’H-index si costruisce sulle pubblicazioni presenti su riviste censite da banche dati certificate e fornisce sicuramente un’approssimata e incompleta misura della qualità della produzione scientifica di un ricercatore: rimando qui per una discussione critica di questo indicatore bibliometrico. Dallo studio di Rossi risulta che il 50% dei professori associati e dei ricercatori in fisica, che hanno delle distribuzioni quasi identiche, ha un indice H superiore a 10, mentre il 50% degli ordinari ha un indice H superiore a 15. Quest’ultima differenza è naturale in quanto l’H-index cresce con il tempo, e dunque va diviso per gli anni di carriera. D’altra parte, visto che in media i ricercatori sono più giovani dei professori associati, è anche possibile concludere che siano più produttivi. Inoltre una buona parte (circa il 60%) degli associati e dei ricercatori ha un indice H tra 5 e 15, mentre il 50% degli ordinari ha un indice H compreso tra 10 e 20. Vi è poi una percentuale più piccola di docenti che hanno un alto indice H, con valori che possono superare 30 o 40: è ben noto che la fisica italiana brilli a livello internazionale.

La seconda ricerca è stata eseguita da due economisti dell’università “Sapienza” di Roma, che hanno utilizzato la banca dati Econlit, che censisce pubblicazioni rilevanti nel campo dell’economia. Uno dei dati che più risaltano da quest’analisi è che ben il 16% degli economisti accademici ha zero records su Econlit. E’ ovvio che avere zero pubblicazioni implica che almeno la stessa frazione di docenti abbia ricevuto zero citazioni e zero H-index: probabilmente questo elevato numero di zeri riflette il fatto che molti docenti si occupano d’altro. Le due autrici hanno poi esaminato quanti dei docenti in ruolo passerebbero gli “indicatori minimali di qualificazione scientifica” del Consiglio Universitario Nazionale (Cun) per l’accesso ai tre livelli della carriera universitaria (e sarebbe interessante ripetere questo esercizio per i criteri di valutazione emanati dall’Anvur):

“Il nostro esercizio mostra che le asticelle da superare poste dal Cun sono molto sopra il livello medio della produzione degli economisti…Solo il 27,4 per cento degli ordinari risulta avere dieci pubblicazioni censite in Econlit negli ultimi otto anni…Per gli associati, la prima soglia nel proprio ruolo è superata dal 16,2 per cento dei confermati…Nel caso dei ricercatori, la situazione è migliore: il 65,8 per cento soddisfa il criterio previsto per quella fascia; tuttavia, meno del 10 per cento ha le caratteristiche per diventare associato, e un gruppo piccolo ha anche “i numeri” per diventare ordinario”. Concludono il loro studio sottolineando che “non si può non tener conto che i criteri proposti risultano soddisfatti solo da una piccola percentuale degli economisti accademici italiani, con la sola eccezione forse dei ricercatori”. Questa conclusione è confermata da un altro studio in cui è stato misurato l’indice H per i 696 ordinari delle discipline economiche con la conclusione che: “La distribuzione è fortemente asimmetrica, con oltre il 40 per cento dei docenti con valori di H compresi tra 0 e 2, e solo il 5 per cento con valori superiori a 16.” Insomma, c’è un’evidente differenza rispetto al caso dei fisici.  Se è naturale che ci siano differenze nelle modalità di pubblicazione e citazione tra diversi campi, se è vero che ci possono essere nei campi umanistici delle dinamiche sociologiche molto rilevanti che alterano il significato degli indici bibliometrici, è piuttosto anomalo non solo il basso indice H della metà dei professori ordinari di economia (minore o uguale a 2!) ma anche il fatto che una buona percentuale dei docenti delle tre fasce non ha proprio nessuna pubblicazione su banche dati internazionali.
(Fonte: F. Sylos Labini, www.ilfattoquotidiano.it 29-07-2011)