Home 2011 12 Agosto Rapporto CNEL 2011 sul mercato del lavoro. L’occupazione dei laureati
Rapporto CNEL 2011 sul mercato del lavoro. L’occupazione dei laureati PDF Stampa E-mail

Il "Rapporto CNEL 2011 sul mercato del lavoro", per l'inserimento professionale dei laureati, polarizza l'attenzione sui tre aspetti: overeducation, ovvero formazione più qualificata di quella richiesta dall'attività lavorativa svolta; mismatch, divario di istruzione o di competenze; skills, capacità possedute e richieste. Dal rapporto emerge come, nonostante le difficoltà, la laurea non metta completamente al riparo dalle difficoltà occupazionali, ma sia titolo che apre maggiori possibilità lavorative. Nel triennio 2007/10 gli occupati laureati sono cresciuti di numero (+ 286.000 unità). Pur se meno remunerativo rispetto al passato e alla situazione registrata in altri Paesi, l'investimento in istruzione ha operato in senso positivo: aver conseguito un titolo di studio elevato è stato un punto di forza sia per una minore permanenza nella condizione di disoccupazione che di più agevole ingresso sul mercato del lavoro. Le probabilità occupazionali differiscono però secondo i gruppi disciplinari: rendimento maggiore per le lauree tecnico/scientifiche (materie scientifiche, gruppo medico, architettura e disegno industriale), contrapposto a risultati più difficili per le lauree umanistiche, connessi a un eccesso di offerta.

I laureati con titoli di studio più difficilmente spendibili sul mercato del lavoro sono quelli maggiormente costretti ad adattarsi, pur con una certa difficoltà, a percorsi professionali per i quali la loro formazione scolastica appare ridondante (overeducation). Più di uno su dieci (12,1%) degli occupati italiani in possesso di laurea svolge un'attività per la quale sarebbe stata sufficiente una formazione meno qualificata. Il disallineamento tra domanda e offerta di competenze (mismatch) comporta troppo spesso la presenza simultanea di elevati tassi di disoccupazione per alcuni corsi di laurea a fronte del fabbisogno insoddisfatto di professionalità da parte delle imprese. Ciò che manca in Italia è una politica economica forte nei settori più avanzati o a maggiore contenuto tecnologico, in grado di "favorire l'accumulazione di capitale umano e di assecondare la crescita della produttività totale dei fattori".
(Fonte: M. L. Marino, www.rivistauniversitas.it 04-08-2011)