Lo schema di decreto per il commissariamento degli atenei. La posizione della FLC CGIL |
Il finanziamento preminente delle Università statali (discorso differente quello per gli altri Atenei non statali) è dato dai trasferimenti da parte dello Stato, questo comporta che l’eventuale insolvenza di un’Università possa essere determinata proprio dalla diminuzione della contribuzione attesa o dall’aumento delle spese in conseguenza di interventi esterni ed estranei alla responsabilità delle università. I presupposti per il dissesto a nostro parere non possono quindi limitarsi a una constatazione oggettiva ma devono risalire, anche per predisporre gli opportuni rimedi, alle cause che lo hanno prodotto. Lo schema di decreto prevede che le condizioni di dissesto siano accertate dai revisori dei conti secondo parametri economico - finanziari che saranno definiti con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 400/1988. Data la composizione del collegio dei revisori prevista dalla L. 240/2010, risulta molto forte l’influenza ministeriale e la scarsa indipendenza o almeno l’influenza che può essere esercitata sulla loro indipendenza di giudizio. Sarà di particolare importanza e significato politico il regolamento al quale lo schema di decreto fa rinvio e che, per questa ragione, dovrebbe essere sottoposto al vaglio delle Commissioni parlamentari. In tutto il decreto traspare una preoccupante visione dell’Università, tutta ragionieristica e contabile, senza alcuna considerazione per il ruolo scientifico, didattico e culturale che tale istituzione riveste. Il decreto non prevede formalmente alcuna interlocuzione tra il Consiglio di Amministrazione e i revisori qualora sanciscano il sussistere di parametri negativi che portino alla dichiarazione di dissesto finanziario. Esprimiamo la nostra contrarietà a che le Università siano tenute a quel punto alla pura amministrazione ordinaria, con l’unico obiettivo del contenimento o della riduzione dei costi. Il piano di rientro, secondo i criteri dell’art. 4, è finalizzato esclusivamente alla riduzione dei costi, alla penalizzazione del personale, soprattutto quello amministrativo di cui non si comprende la responsabilità, e alla liquidazione del patrimonio. Qualora si pervenga al commissariamento dell’Ateneo, ai sensi dell’articolo 6 dello schema di decreto, si nominano da uno a tre commissari sulla base della consistenza numerica del personale in servizio. Si tratta di un criterio a dir poco semplicistico che non tiene conto di altri elementi ben più significativi: la complessità dell’organizzazione e delle strutture, la composizione del bilancio e, più in generale la complessiva attività dell’università interessata. I commissari possono essere funzionari o dirigenti dei Ministeri dell’Economia e del MIUR con grave pregiudizio per l’autonomia rispetto agli organi nominanti. I commissari subentrano al Consiglio di Amministrazione che decade con l’assurdità che anche le funzioni strategiche dell’Università sono messe in capo a funzionari ministeriali. (Fonte: Flc Cgil) |