Home 2011 12 Agosto Abolire il valore legale della laurea
Abolire il valore legale della laurea PDF Stampa E-mail
Un'Università è prestigiosa o scadente in funzione del livello di preparazione assicurato e dunque dei suoi docenti. Le caratteristiche della progressione in carriera nelle Università italiane sono state oggetto, da sempre, di molte critiche. Il che significa che la qualità dei docenti non è garantita. Ma la laurea ha lo stesso valore per tutti, che abbiano studiato con il prof. Eccelso o con il prof. Modesto. Il numero delle Università cresce costantemente, in funzione dell'incremento del numero degli studenti. L'Italia è sempre più un popolo di laureati. Questo significa un incremento della spesa pubblica. È ovvio che non sia possibile sostenerlo all'infinito. Il valore legale della laurea non garantisce uguaglianza nell'accesso al mondo del lavoro. Tutti i laureati possono partecipare ai concorsi pubblici; così come avverrebbe in un sistema che non richiedesse la laurea come titolo di legittimazione a parteciparvi; il successo dipende, in entrambi i casi, dalla preparazione dei candidati, non dal titolo formale. E l'impresa privata opera, di fatto, una distinzione tra le lauree conseguite nelle Università più prestigiose e le altre, infischiandosene solennemente del valore legale della laurea. In pratica non vi è differenza tra un sistema e l'altro. La "privatizzazione" dell'Università comporta una gerarchia tra i titoli di studio: il laureato di Yale o Harvard (per fare l'esempio classico) sarà ricercato dal mercato con preferenza su quello di Poggio fiorito di Sotto. Il che penalizza i laureati di Poggio fiorito, magari ingiustamente. È vero, però, che anche questi possono dimostrare la loro preparazione in colloqui o esami preliminari, cui tuttavia può non essergli garantito l'accesso. Sotto questo profilo, l'abolizione del valore legale della laurea desta perplessità. Frequentare un'Università privata costa tanti soldi; tanto più alto è il livello, tanto più costa. Il che automaticamente esclude la maggior parte degli studenti. Il che è un male, naturalmente. Ma va anche considerato che la corsa alla laurea non è un bene: abbassa il livello qualitativo dei laureati, incrementa a dismisura la concorrenza, diminuisce il livello delle retribuzioni e delle prestazioni professionali. E poi bisogna tener conto del fatto che, nei paesi che adottano questo sistema, esistono una serie di misure studiate per facilitare l'accesso agli studenti meno abbienti: borse di studio, prestiti dello Stato da rimborsare quando si comincia a lavorare. Conclusione: la proposta non è da buttar via. Certo, occorre prevedere un sistema che garantisca l'istruzione universitaria anche ai non ricchi (se meritevoli).
(Fonte: B. Tinti, FQ 29-07-2011)