Home 2011 27 Giugno Tasse per un'università più equa: risposta a Sylos Labini
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Tasse per un'università più equa: risposta a Sylos Labini
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Ringrazio Francesco Sylos Labini per i suoi commenti stimolanti, anche se critici, al mio tentativo di quadrare il cerchio: ossia di trovare una strada per rifinanziare gli atenei in un modo che sia equo per i meno abbienti, responsabilizzi i singoli e le istituzioni per evitare sprechi di risorse e sia sostenibile nel lungo periodo entro i margini ristretti dei nostri conti pubblici.

Come ognuno sa il debito pubblico che stiamo lasciando alle future generazioni è esorbitante e in questo momento serve a poco discutere a chi vada attribuita questa pesante responsabilità. Ma è bene sgombrare subito il campo da un'illusoria soluzione per quadrare il cerchio, spesso menzionata in questi dibattiti. Chi vagheggia la possibilità di finanziare l'università italiana con riduzioni di altre voci della spesa pubblica (ad esempio gli aerei da caccia dell'esercito) oppure con la lotta all'evasione fiscale, deve comprendere che anche se queste strade fossero facilmente e immediatamente perseguibili (e certamente lo sono e devono essere percorse), ogni euro da loro fornito deve essere utilizzato per ridurre l'esorbitante debito pubblico accumulato nel passato. Francesco pensa che questo non sia vero perché è una questione di scelte politiche. Io penso che ridurre il debito pubblico sia una questione di sopravvivenza del nostro Paese e di equità verso i nostri figli e nipoti. Ma quand'anche fosse vero che è solo una scelta politica, in un paese democratico il governo riflette le preferenze dei suoi elettori. In attesa di riuscire a convincere gli italiani a pagare le tasse e a preferire buona ricerca invece che caccia-bombardieri, preferisco pensare intanto, con concreta creatività, a soluzioni alternative.

Tra breve uscirà una variante della proposta iniziale oggetto dell'interrogazione parlamentare, che attraverso un inedito spiraglio istituzionale potrebbe consentire di risolvere in modo significativo il problema del reperire fondi per l'università in modo compatibile con i vincoli di bilancio. Ma in attesa di poter rendere pubblica questa nuova versione, di cui ancora devo verificare alcuni dettagli importanti, qui mi limito a rispondere brevemente alle critiche di Francesco, per la parte che riguarda strettamente la proposta.

1) Nell'attuale situazione sono i poveri a pagare l'università ai ricchi?

La risposta è si perché perfino nell'ipotesi (da verificare come vedremo) che in Italia i ricchi contribuiscano più dei poveri alla fiscalità generale essendo le aliquote irpef disegnate in modo progressivo, se le tasse universitarie sono uguali per tutti ma i ricchi vanno all'università più dei poveri, il finanziamento dell'università risulta disegnato in modo regressivo, e quindi riduce la progressività complessiva del sistema tributario.

L'art. 53 secondo comma della nostra Costituzione dice che "Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Questi criteri sono stabiliti esplicitamente dalle leggi che determinano le aliquote del prelievo fiscale. Il finanziamento dell'università, invece, modifica questi criteri di progressività in un modo che non è voluto dal Parlamento, ma dettato dalla frequenza relativa con cui ricchi e poveri accedono all'università, se le tasse universitarie sono uguali per tutti. E ci sono forti motivi per ritenere che questa modificazione possa arrivare ad annullare completamente o addirittura invertire, di fatto, la progressività voluta dalle leggi. L'esempio numerico che segue illustra questa realistica possibilità.

Consideriamo un paese in cui ci siano 10 cittadini, 3 ricchi che guadagnano 100 e 7 poveri che guadagnano 10. Supponiamo che questo paese decida che sia equa una tassazione progressiva al fine di ridurre la disuguaglianza dei redditi tra ricchi e poveri. A questo fine il paese decide che i ricchi debbano pagare il 40% di tasse mentre i poveri solo il 20%. Quindi l'ammontare di tasse pagate dai ricchi sarà 3*40 = 120 mentre l'ammontare pagato dai poveri sarà 7*2 = 14. Le entrate fiscali del paese ammontano quindi a 134.

Supponiamo che il governo di questo paese decida di usare questo gettito fiscale per un bene pubblico (ad esempio istruzione elementare) che per ipotesi è usato da ricchi e poveri in misura uguale procapite, ossia 13,4 a testa. Quindi un cittadino ricco che ha un reddito prima delle tasse di 100, dopo le tasse e l'erogazione del bene pubblico si ritrova con 100 - 40 + 13,4 = 73,4. Un cittadino povero invece, che ha un reddito prima delle tasse pari a 10, dopo le tasse e l'erogazione del bene pubblico avrà un reddito pari 10 - 2 + 13,4 = 21,4.

Quindi prima dell'intervento del governo un povero aveva un reddito pari al 10% di un ricco. Dopo l'intervento del governo un povero ha un reddito pari a circa il 29% del ricco. L'intervento statale ha ridotto la disuguaglianza dei redditi come nelle intenzioni del governo che ha fatto questo rappresentando la volontà della maggioranza dei suoi elettori.

Ora ipotizziamo che l'anno successivo il governo utilizzi lo stesso prelievo fiscale per finanziare un diverso bene pubblico, ossia le università. Nel caso dell'istruzione terziaria, però solo 4 cittadini s’iscrivono all'università: 3 ricchi e 1 povero. Ciascun iscritto all'università riceve quindi, sotto forma di istruzione universitaria, un quarto del gettito fiscale, pari a 33,5 (ovvero 134/4).

In questo caso il reddito procapite dei 3 cittadini ricchi, dopo l'intervento statale, è pari a 100 - 40 +33,5 = 93,5. Invece il reddito del cittadino povero che va all'università è pari a 10 - 2 +33,5 = 41,5. Infine il reddito procapite dei 6 cittadini poveri che non vanno all'università è pari 10 - 2 = 8. Ne consegue che il reddito medio procapite dei 7 poveri è 41,5*1/7 + 8*(6/7) = 12,8.

Quindi in questo secondo anno, mentre prima dell'intervento statale il povero medio guadagna il 10% del ricco medio, dopo l'intervento statale il povero medio guadagna il 13,7% del ricco medio. Alla fine del primo anno, dopo l'intervento statale, il reddito procapite di un povero medio era pari al 29% del reddito procapite di un ricco

Ossia nonostante la volontà popolare abbia chiesto al governo di realizzare un sistema progressivo di tassazione, il fatto che l'università sia usata dai ricchi più che dai poveri finisce per ridurre notevolmente la progressività della fiscalità generale contrariamente a quanto desiderato dalla collettività. È importante notare che nel primo anno, in cui il bene pubblico (istruzione elementare) era da tutti usato in modo uguale, la progressività del sistema tributario voluta dalla collettività non veniva ridotta.

Il libro di Baldini e Toso, Disuguaglianze, povertà e politiche pubbliche, Il Mulino 2009, utilizza i migliori dati a disposizione per fare questi conti nella giungla del sistema tributario italiano. Alla fine di questi conti, come dicevo all'inizio, non è nemmeno chiaro quanto progressivo sia il prelievo fiscale in Italia. Ad esempio, secondo Baldini e Toso, i contributi e le imposte dirette riducono l'Indice di Gini (un indice della disuguaglianza dei redditi individuali) da 0,394 a 0,325 ma le imposte indirette fanno risalire l'indice a 0,362. Tenendo conto degli effetti del sistema di finanziamento dell'università l'Indice di Gini salirebbe ancora. E non appena possibile, a questo punto, farò il calcolo preciso.

2) L'università italiana non è gratuita

Niente da eccepire su questo, soprattutto tenendo conto anche dei costi di spostamento degli studenti, qualora iniziassero a spostarsi di più per scegliere gli atenei migliori. Ma non vedo che rilevanza abbia questo punto ai fini della mia proposta. Anche perché, così come vengo accusato dai critici di voler bovinamente copiare i numerosi paesi stranieri che hanno introdotto sistemi analoghi a quello da me proposto, mi verrebbe da chiedere a Francesco perché dovremmo copiare gli altri paesi nel fare una cosa iniqua e inefficiente come non fare pagare le tasse universitarie ai ricchi!

Ma lasciando perdere i paragoni internazionali, nessuno sembra volersi accorgere del fatto che la mia proposta consiste nel far pagare l'università di più ai ricchi (quelli di oggi subito e quelli di domani in modo differito) e di farla pagare di meno ai poveri. Ovvero anche se volessimo lasciare invariato il costo attuale medio dell'accesso all'università, per i motivi di equità di cui al punto (1) la mia proposta prevede di differenziare le tasse universitarie rispetto al reddito familiare e di farle pagare comunque solo in modo differito, solo subordinatamente al raggiungimento di un reddito sufficiente e solo in proporzione a detto reddito. Questa offerta vale per chi non possa pagare subito le tasse universitarie e per chi preferisca pagarle in modo differito.