Home 2011 27 Giugno Laurea e specializzazione in Medicina
Laurea e specializzazione in Medicina PDF Stampa E-mail

A differenza delle lauree triennali dove solo il 3,2% delle 22 professioni che ne fanno parte prosegue con la laurea specialistica, per il ciclo unico e per medicina in particolare la specializzazione è di fatto d'obbligo con ben il 98% medio di iscritti. I dottori "lavorano" quasi tutti mentre studiano: «La specializzazione è un lavoro e deve essere considerato tale, anche se a termine (5 o 6 anni) - spiega Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale e della conferenza nazionale dei presidenti di corso di laurea specialistica in Medicina e chirurgia - e la specializzazione è comunque a tutti gli effetti la "porta del lavoro"». Chi lavora a tempo indeterminato - il 36,5% - sono gli specializzati post triennio di medicina generale che sono invece già professionalmente attivi. In ogni caso anche per i medici come per le professioni il tasso di disoccupati (o meglio in cerca di occupazione) è quasi nullo con lo 0,7% medio, pur mancando rilevazioni complete al termine degli studi di specializzazione, che portano la durata del periodo di studi attorno a 12 anni circa (ovvero 6 di base, 1 di abilitazione e 3 per la medicina generale o 4-6 per le specializzazioni). L'effetto della laurea non sembra avere differenze sostanziali - al contrario di quanto accade per le professioni non mediche - in base né all'ateneo né all'area geografica di appartenenza. Infatti, in sei Università si sta specializzando il 100% dei laureati e queste sono distribuite a tutte le latitudini, dal Nord-ovest del Piemonte al Nord-est del Friuli, al Centro con Roma e fino al Sud con Foggia. Dal punto di vista del lavoro vero e proprio al top ci sono i laureati di Ferrara che lavorano nell'85% dei casi, seguiti dal 68% dei laureati a Verona e dal 65% circa di quelli di Firenze, L'Aquila e Catanzaro.

Accanto al lavoro fisso anche gli occupati con un lavoro occasionale (considerando comunque che la specializzazione è retribuita ed è considerata statisticamente alla stregua di un lavoro). In questo caso a dichiararsi occupati sono soprattutto i laureati ancora una volta di Ferrara (quasi 1'87%) seguiti dall'82,4% di quelli di Catania.

La differenza tra atenei, anche se minima, c'è invece sul tasso di disoccupazione post laurea. In questo caso nel Nord le uniche percentuali sono quelle rilevate tra i dottori di Ferrara (6,7%), Parma (0,8%), Torino (0,5%) e Bologna (0,3%). Al Centro tranne Firenze, Siena e Roma Campus bio-medico in tutti gli atenei è presente una percentuale di "disoccupati" che va dall’1,7% di Roma Sapienza 2 al 2,2% di Roma Sapienza.

Nel Sud va decisamente peggio su questo versante e tranne gli atenei di Bari e Foggia in cui la percentuale è zero, le altre otto Università presentano tutte una percentuale di dottori che non lavorano e sono in cerca di occupazione (disoccupa ti) e il dato va dallo 0,6% di Napoli seconda università al 6,7% di Catania.

Ma se c'è chi lavora in modo più o meno stabile e chi non lavora, una cosa è certa secondo la rilevazione nelle Università: il 99% dei dottori è convinto dell'efficacia della sua laurea ai fini del lavoro (solo lo 0,8% ne dubita) e dovendo dare un voto da O a 10 alla soddisfazione per il lavoro svolto, la media è 8,2. Come dire: i medici proseguono tutti gli studi post-laurea, ma il lavoro davvero non gli manca e la loro soddisfazione per quel che fanno è pressoché totale.
(Fonte: Il Sole 24 Ore Sanità 20-06-2011)