Home 2011 8 Giugno Il potere di chiamata ai dipartimenti
Il potere di chiamata ai dipartimenti PDF Stampa E-mail
La riforma Gelmini impone che il potere di chiamata dei docenti, il più delicato tra i poteri nel mondo accademico, passi dalle aggregazioni didattiche a quelle scientifiche, ossia dalle facoltà ai dipartimenti; impone dipartimenti di almeno 40 docenti nei maggiori atenei (di 35 in quelli con meno di mille docenti), tutti afferenti a settori disciplinari omogenei; impone che siano gli stessi dipartimenti a farsi carico dell'attività didattica, annullando le facoltà, salvo che non preferiscano costruire strutture di coordinamento interdipartimentali, comunque denominate, che non potranno essere più di dodici nell'Ateneo. È una riforma che promette maggiore produttività scientifica e didattica. In particolare è positivo che il potere di chiamata passi ai dipartimenti, soprattutto se si svilupperà il sistema di valutazione di ateneo e nazionale, con connessa erogazione di premi e penalità. Tutto è discutibile, ma la valutazione dei dipartimenti è più attendibile di quello delle facoltà, dove è difficile accertare la qualità del laureato e si rischia, premiando le facoltà con minori tassi di abbandono e minori ritardi di laurea, di stimolare la permissività e punire il rigore. Nel nuovo contesto c'è un interesse collettivo a ricevere più risorse grazie ad una buona valutazione. Dovrebbero perciò diminuire i voti di scambio che in certe facoltà hanno introdotto troppi parenti e affini e troppi allievi locali. Al contempo, attenzione a non passare da un estremo all'altro. Il pericolo di autoreferenzialità dei dipartimenti è elevato e potrebbe portare a percorsi didattici su misura.
(Fonte: G. Muraro, Il Piccolo 30-05-2011)