Il «Piano di eccellenza per la ricerca» (Research Excellence Framework, REF) del Regno Unito |
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Il Regno Unito si è per lungo tempo avvalso di un insegnamento superiore gratuito coniugato a un sistema di borse di studio. Tra il 1980 e il 2003, l’accesso all’università è più che duplicato, tanto che è riuscito a intercettare il 37 % della popolazione compresa tra i 18 e i 23 anni. Ma le risorse stanziate non sono aumentate in eguale misura. Alla fine degli anni ’90, questo modello fu messo in discussione. Nel 1997, l’offensiva prese la forma di uno «studio sul finanziamento dell’università» che il primo ministro conservatore John Major decise di affidare a Ronald Dearing, che aveva aperto alla privatizzazione industrie aerospaziali e alcuni cantieri navali britannici. Il suo rapporto raccomandava di integrare i fondi pubblici con tasse d’iscrizione fisse, rimborsabili al termine degli studi, pari al 25% del costo medio degli studi superiori (cioè 1.000 sterline l’anno). Un anno dopo, i laburisti, arrivati al numero 10 di Downing street, optarono per un pagamento da effettuarsi alla fine di ogni anno accademico – il che costringerebbe gli universitari a pagare i loro studi prima di iniziare a lavorare – e, dall’altro lato, sostituirono il sistema di borse di studio automatiche con una serie di prestiti agli studenti modulati in base al reddito. Se fu deciso, nel 2004, di reintrodurre le borse di studio per gli universitari più poveri e di rinviare il risarcimento delle spese alla fine degli studi, d’altro canto i laburisti autorizzarono le università a fissare autonomamente l’ammontare delle tasse d’iscrizione fino a un tetto massimo di 3.000 sterline. I laburisti hanno prodotto uno studio che è stato tranquillamente fatto proprio dal primo ministro del governo conservatore David Cameron, nel quadro della sua campagna di riduzione (drastica) della spesa pubblica. Il rapporto Browne – intitolato «Garantire un avvenire durevole per l’insegnamento superiore» – invita a far sì che le singole università possano stabilire autonomamente l’ammontare delle loro tasse d’iscrizione, in un ventaglio compreso tra le 6.000 e le 9.000 sterline. Tale libertà, assicura Browne, stimolerà la competizione, la quale, a sua volta, non farà che migliorare il livello globale dell’insegnamento. Secondo la legge del 2004, il rimborso continuerà a essere esigibile dopo il conseguimento del titolo di studio e in funzione delle risorse disponibili. Ma il tetto massimo dei rimborsi è stato alzato da 15.000 a 21.000 sterline l’anno. Certo, per i redditi inferiori a 21.000 sterline annue gli interessi saranno indicizzati al tasso d’inflazione e per i redditi superiori alle 41.000 sterline è previsto un aumento degli interessi del 3% al di sopra del tasso d’inflazione. Il «piano di eccellenza per la ricerca» (Research Excellence Framework, Ref) decreta che il 25% delle sovvenzioni alla ricerca destinate a un laboratorio o a un dipartimento dipendano da criteri che misurino il suo «impatto». Da intendere nel seguente senso: «i benefici quantificabili che l’economia e la società possono aspettarsi da esso». Tale principio ha suscitato le proteste dei ricercatori. Il piano di eccellenza per la ricerca entrerà in vigore il prossimo anno. L’idea secondo cui l’educazione avrebbe per vocazione quella di servire i bisogni immediati dell’economia giustifica l’attribuzione di priorità ad alcune discipline, come la matematica, le scienze e l’ingegneria. Il governo Cameron, ancora prima che fossero rese pubbliche le sue proposte per l’insegnamento superiore, annunciava, nel quadro del piano di austerità, un taglio del 40% del bilancio delle università. E il ministro Willett ammetteva che i fondi restanti sarebbero stati utilizzati a esclusivo beneficio dell’insegnamento scientifico. Secondo Alan Finlayson, dell’università di Swansea (Galles), si tratterebbe di aiutare il mercato a meglio soddisfare i bisogni delle imprese: «privando i dipartimenti di lettere e di scienze umane dei finanziamenti pubblici, la riforma squilibra il mercato in cui essa sembra riporre fiducia. Tale riforma rimuove in un solo colpo settori interi della conoscenza, in primo luogo quelli che contribuiscono maggiormente alla comprensione collettiva della nostra situazione sociale, economica e politica». (Fonte: D. Nowell-Smith, informare controinformando 12-04-2011)
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