Home 2011 26 Febbraio Sul reclutamento dei professori nella L. 240/10
Sul reclutamento dei professori nella L. 240/10 PDF Stampa E-mail

Anche se (non diversamente da oggi) la maggioranza delle assunzioni avverrà attraverso la posizione di ricercatore (contratti di tipo b), la legge prevede assunzioni (e non solo promozioni) a livello di professore di seconda fascia e di prima fascia.

Per queste assunzioni la legge tenta di porre rimedio a uno degli ostacoli che rendono difficile, se non impossibile, l’assunzione di “esterni” al sistema e cioè i bassi stipendi iniziali. E’ prevista, infatti (Art. 8) una revisione della scala stipendiale che abolisce il periodo di straordinariato e la “ricostruzione della carriera” e cioè il parziale trascinamento dell’anzianità nel passaggio da un ruolo all’altro. La revisione dovrebbe dar luogo a uno stipendio iniziale pari a quello conseguibile con il massimo di “ricostruzione della carriera”. Si regalerebbero cioè a tutti quelli che entrano nei ruoli di professore otto anni di anzianità. Il costo di questa revisione dovrebbe essere modesto perché già ora quasi tutti i soggetti che entrano nei ruoli di professore hanno maturato dodici anni di anzianità nel ruolo precedente ed entrano quindi con otto anni di anzianità nel nuovo ruolo. L’effetto, tuttavia, sarebbe quello di offrire lo stesso stipendio iniziale nel ruolo sia agli esterni sia agli interni al sistema.

Requisito indispensabile (Art. 18) per entrare nei ruoli di professore di prima o seconda fascia è il conseguimento dell’abilitazione relativamente ad una fascia e a un “settore concorsuale” (Art. 16). Un’eccezione è prevista per gli studiosi “stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni pari a quelle oggetto del bando.”

I settori concorsuali saranno più ampi degli attuali settori scientifico disciplinari, perché è previsto il numero minimo di cinquanta professori di prima fascia afferenti al settore.

Per ogni settore concorsuale sarà nominata una commissione per l’abilitazione che resta in carica per due anni. Sarà composta di quattro professori di prima fascia appartenenti al settore concorsuale e da uno studioso straniero. I commissari appartenenti alle università italiane saranno scelti attraverso un sorteggio da una lista di autocanditati che non abbiano ricevuto una valutazione negativa della loro ultima relazione triennale sull’attività svolta. Lo “straniero” sarà sorteggiato da una lista curata dall’ANVUR (Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca).  Una disposizione intelligente stabilisce che se non è pronta la lista degli “stranieri” si sorteggerà un quinto italiano. Si potrà fare domanda per il conseguimento dell’abilitazione ogni anno, ma chi non consegue l’abilitazione dovrà aspettare due anni prima di ripresentare domanda.

E’ lecito chiedersi quanto severa potrà essere la selezione degli “abilitati”. Ovviamente non si può rispondere con sicurezza. Si può osservare però che, per lo meno per le abilitazioni di seconda fascia, non c’è alcun incentivo alla severità. Se mai gli incentivi vanno nella direzione opposta perché i settori concorsuali che hanno pochi “abilitati” avranno anche pochi “posti” di ruolo. Il caso della facoltà di medicina merita una considerazione a parte. Il fatto che la promozione ad associato non dia automaticamente diritto a un “primariato” rende, equivalenti, agli occhi di un professore di prima fascia, e dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, le posizioni di ricercatore e di professore di seconda fascia. Una commissione composta di professori di prima fascia non ha quindi ragioni di negare una promozione che non costa nulla a chi decide, e non incide sull’organizzazione delle cliniche. Diverso sarà il caso delle abilitazioni di prima fascia. In questo caso la relativa severità può servire ad alimentare, nei commissari, la fantasia di appartenere a un gruppo ristretto di “eccellenti”. Inoltre per le facoltà di medicina i commissari (come già avviene ora per le idoneità nei concorsi) potrebbero essere condizionati dalla disponibilità di posizioni “apicali” (primariati) nelle università di appartenenza dei concorrenti all’abilitazione. Dobbiamo tuttavia osservare che chi si offre di diventare commissario per l’abilitazione sarà probabilmente interessato all’abilitazione di qualche candidato. Sarà quindi disponibile a trattare con gli altri commissari per favorire il suo protetto. E’ quello che avviene nelle commissioni di concorso, e che può avvenire più facilmente in assenza di una limitazione sul numero degli abilitati.

Possiamo in prima approssimazione concludere che, mentre l’abilitazione di prima fascia potrebbe costituire un ostacolo all’indiscriminata espansione del ruolo dei professori ordinari, anche in relazione all’esistenza di “primariati” disponibili, è probabile, invece, che l’abilitazione alla seconda fascia sia conseguita da tutti gli attuali ricercatori di ruolo che sono attivi nella ricerca (la stragrande maggioranza) e da tutti i ricercatori a tempo determinato di tipo b) che siano restati attivi nella ricerca dopo il conseguimento del dottorato.

La via formalmente ordinaria per entrare nei ruoli di professore, dopo aver conseguito l’abilitazione, è la partecipazione alle selezioni per le chiamate che sono regolate dai singoli atenei, e che prevedono un bando, una valutazione dei titoli scientifici e del curriculum, e una (proposta di) chiamata da parte del dipartimento competente ratificata dal Consiglio di Amministrazione. Ai fini di queste chiamate sono considerati “abilitati” anche i professori che sono in servizio al momento dell’entrata in vigore della legge. In altre parole, le stesse procedure di chiamata sono utilizzate per i trasferimenti. Per gli “idonei” non ancora chiamati, dei concorsi banditi sulla base della vecchia normativa (Legge 210/1998) continuano ad applicarsi le vecchie regole (Art. 29, comma 4), ma è prevista anche l’equiparazione dell’idoneità all’abilitazione (Art. 29, comma 8).

Si è parlato di via “formalmente” ordinaria, perché (Art. 24, comma 6) fino al 31 dicembre 2016 i ricercatori di ruolo e i professori associati che hanno conseguito l’abilitazione rispettivamente di seconda fascia e di prima fascia potranno essere chiamati direttamente alle posizioni per le quali sono abilitati, con le procedure previste dalla legge per i titolari di contratto di tipo b), e cioè in assenza di un bando di concorso cui possano partecipare altri soggetti. Cessato il periodo transitorio, resterà comunque in vigore la disposizione che regola la chiamata diretta del titolare di contratto di tipo b) che abbia conseguito l’idoneità ad associato. Non più del 50% delle immissioni in ruolo dovrebbe avvenire attraverso chiamate dirette. Nulla vieta, tuttavia, che anche attraverso i bandi aperti all’esterno sia prevalentemente promosso personale interno, come già avviene per i concorsi previsti dalla vecchia normativa.

Si può concludere che le nuove procedure di reclutamento e promozione non contrasteranno e forse accentueranno l’attuale localismo. Tuttavia, la revisione della scala stipendiale dovrebbe rendere almeno possibile l’assunzione di esterni come professori di prima o seconda fascia. Certamente le assunzioni di esterni nei ruoli di docente resteranno un fenomeno raro.

Dobbiamo allora chiederci fino a che punto la pressione degli “abilitati” che chiedono di essere promossi al livello della loro abilitazione consentirà agli atenei di reclutare giovani, come ricercatori a tempo determinato di tipo b).

Ovviamente tutto dipenderà dai fondi a disposizione, fondi che proverranno dal pensionamento in atto dell’attuale personale docente. Possiamo tuttavia essere sicuri che la promozione degli “interni” abilitati avrà la precedenza sull’assunzione di personale potenzialmente a tempo indeterminato come i ricercatori di tipo b). Questo si applicherà in particolare alla promozione dei ricercatori di ruolo abilitati alla docenza di seconda fascia. Essi, infatti, al contrario dei giovani “esterni” votano per l’elezione del rettore e del direttore del dipartimento. Inoltre, in quasi tutti i casi, i ricercatori di ruolo svolgono le funzioni didattiche che spettano ai professori di ruolo e possono rifiutarsi di svolgerle, dal momento che queste funzioni non sono obbligatoriamente previste dal loro attuale stato giuridico.

Nella sostanza, le nuove disposizioni di legge aprono la strada alla promozione ad associato di tutti gli attuali ricercatori di ruolo attivi nella ricerca, cioè la stragrande maggioranza. Ne seguirà anche che i fondi disponibili a seguito dei pensionamenti saranno spesi, in gran parte, per le sedi e per i settori che contano il maggior numero di ricercatori di ruolo. In particolare i fondi andranno alle Facoltà di Medicina che hanno maggiormente “beneficiato” dell’immissione nei ruoli di ricercatore dei “tecnici laureati”, a loro volta frutto di assegnazioni clientelari di posti di tecnico, o “assegnisti della legge sulla disoccupazione giovanile” al di fuori di qualsiasi programmazione. Si sarà persa così l’occasione di sfruttare il corrente e imminente massiccio pensionamento del personale docente per una distribuzione più razionale del personale tra le diverse sedi e all’interno di ciascuna sede.
(A. Figà Talamanca, NoiseFromAmerika 10-02-2011)