Le modifiche allo statuto degli atenei |
|
|
|
Il DDL Gelmini dedica alla questione della governance degli atenei un articolo che invita perentoriamente tutte le università statali “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organizzazione e di organi di governo dell’ateneo”. Ciò porterà alla scomparsa delle attuali facoltà, le cui funzioni saranno assorbite dai dipartimenti (ai quali sono state attribuite anche responsabilità didattiche). Ciò comporterà che tutti i dipartimenti siano ridisegnati di conseguenza, nonostante il recente accorpamento. E si dovranno poi affiancare nuove strutture interdipartimentali sostitutive delle attuali facoltà; strutture più ampie che rimangono ancora una “cosa” senza nome: “scuole” o “poli”, anche se nulla impedisce di mantenere la denominazione “facoltà di…”. Ugualmente delicata è la questione della composizione dei nuovi organi collegiali, con l’inserimento di figure quali il “direttore generale” e la previsione di consiglieri d’amministrazione esterni al mondo accademico. La nuova legge prevede un forte accentramento dei poteri ed esclude dall’elettorato attivo per le massime cariche accademiche sia i ricercatori universitari, che votavano a pieno titolo per l’elezione del rettore, sia il personale tecnico-amministrativo che partecipava con voto ponderato. Infine la riforma Gelmini prevede che la riforma dello Statuto sia un processo guidato dall’alto, affidando il compito di stilarlo a una commissione di soli quindici membri (tra cui due studenti) nominata dal rettore. In base a quali criteri saranno nominati? Ed è possibile pensare che lo Statuto dell’ateneo sia redatto senza un’ampia consultazione della comunità accademica? (STEP1 11-01-2011)
|