A proposito dell’indice di Hirsh |
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Esprimo le mie idee al riguardo dell’indice di Hirsch, un indicatore relazionato alla produttività accademica e all’importanza delle pubblicazioni realizzate: 1) Concordo con chi sostiene che, a scopo valutativo, l’indice h andrebbe meglio usato comparando ricercatori che appartengono alla stessa disciplina – chi mi legge sa benissimo perché – e che comunque, da solo, può essere fuorviante nel valutare Istituzioni diverse. Ma questo vale per tutti i parametri di valutazione (a meno che non si stia parlando di premi Nobel)! A mio giudizio, invece, tale indice rappresenta un notevole miglioramento rispetto a parametri utilizzati precedentemente perché fornisce un’idea precisa del reale impatto del lavoro di un ricercatore su quello dei suoi pari. E’ un parametro sicuramente superiore al fattore d’impatto cumulativo. Ho pubblicato lavori su riviste cosiddette ad “altissimo impatto” che hanno ricevuto un numero di citazioni inferiore di altri miei articoli pubblicati su riviste cosiddette “minori”. Alla fine, dato per assunto che nessuna grande scoperta arriva attraverso il lavoro di una sola persona o di un solo gruppo di ricerca, il lavoro di ogni ricercatore va valutato per come e quanto influenza il lavoro di altri ricercatori nella stessa o in altre discipline, nonché il mondo produttivo. 2) Google scholar è forse un po’ impreciso e “generoso”, ma se si paragonano gli h index calcolati con questo motore a quelli calcolati con ISI Web of Knowledge o Scopus, molto più rigorosi, lo scostamento nella stragrande maggioranza dei casi è inferiore al 5%. 3) Il lavoro dei ricercatori del VIA-Academy è, secondo me, al di sopra di ogni sospetto ed estremamente utile, non fosse altro (e sicuramente non solo per questo) perché è riuscito a far parlare ai media dei ricercatori italiani, in particolare di coloro che si sono sobbarcati l’immensa fatica di continuare a (provare a) lavorare in Italia. Quanti altri recentemente si sono presi la briga di farlo? (V. Di Marzo 11-01-2011)
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