Home 2010 23 Dicembre Resistenze alla competizione tra atenei
Resistenze alla competizione tra atenei PDF Stampa E-mail
Una riforma che intende introdurre elementi di competizione fra gli atenei, distribuire una parte delle risorse in base al merito, sottrarre potere alle corporazioni accademiche affidandolo a rappresentanti della società, non può andare bene sia alle università virtuose sia a quelle meno competitive, ai settori fortemente innovatori come a quelli più conservatori. In una fase in cui le università erano costantemente denigrate dai media, in cui la riforma si presentava come moralizzazione di un sistema inefficiente e malato, il riflesso condizionato è stato di sostenere compattamente la riforma per mostrare di voler fare la propria parte. Il “metodo Boffo applicato all’università”, come lo definisce Guido Martinetti, è stato odioso ma ha funzionato. Ma via via che il fuoco, amico o nemico, si è concentrato sui limiti, le contraddizioni, gli errori del DDL, le università e le corporazioni meno pronte alla competizione, quelle che rischierebbero di più, si sono smarcate e hanno cominciato apertamente a “remare contro”. Salvo che non ci si auguri una ripresa del “metodo Boffo”, è ben difficile immaginare che l’unità di posizioni fra gli atenei italiani possa essere recuperata. Certo, il favorire e l’esplicitare una differenziazione interna può essere positivo per il sistema, ma ci sono forze politiche che avrebbero il coraggio di assumerlo come obiettivo e di pagarne i relativi costi?
(M. Regini, Lavoce.info 03-12-2010)